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"Vele, tonni e scimitarre":pubblicato il catalogo

25 ottobre 2010, 09:54
Mostra ispirata alle avventure salgariane nel Mar di Sardegna, in corso da luglio (e fino a dicembre) al Lazzaretto di Cagliari.

Emilio Salgari, la Sardegna, il Mediterraneo e la sua sponda africana. Sono gli ingredienti di base di "Vele, tonni e scimitarre", la mostra che dallo scorso luglio (e fino a dicembre) tiene banco al Lazzaretto di Cagliari: mille metri quadri di allestimenti e scenografie con effetti sonori, postazioni multimediali, dipinti, modellini, armi, gioielli e abiti antichi per una full immersion nelle atmosfere salgariane del romanzo “Le pantere di Algeri” e del racconto “La pesca dei tonni”. Storie scritte un secolo fa (tra il 1903 e il 1904) dal creatore di Sandokan, dove per una volta i protagonisti non sono i pirati della Malesia o i corsari delle Antille, le esotiche isole dell'Oceano Indiano o i Caraibi, ma uomini e avventure sullo sfondo dell’assai più vicino Mare Nostrum, con la Sardegna a far da epicentro. Ne “Le Pantere di Algeri” Salgari ambienta nell’Isola di San Pietro l’antefatto di una storia seicentesca di cappa e spada ispirata alle incursioni dei corsari barbareschi che per secoli colpirono le coste sarde. Ne “La pesca dei tonni”, invece, lo scrittore veronese colloca il racconto ad Alghero (ma in realtà si riferisce a Carloforte) e ricostruisce la Sardegna con tratti documentaristici.

Dalle sale dell'esposizione cagliaritana alle pagine di un catalogo: dopo aver attratto migliaia di visitatori nell'arco di tre mesi, "Vele, tonni e scimitarre - Avventure salgariane nel Mar di Sardegna" propone ora anche un'elegante pubblicazione di settanta pagine che raccoglie dieci diversi contributi e approfondimenti sui principali temi della mostra, accompagnati da un'ampia selezione di immagini, fotografie e riproduzioni dei documenti e degli oggetti esposti al Lazzaretto.

La raccolta di scritti si apre con una nota biografica sullo scrittore nato nel 1862 a Verona: un’esistenza contraddittoria quella di Salgari, in bilico tra il successo di pubblico della feconda produzione letteraria e una precaria situazione economica unita ad una fragilità esistenziale, che prese il sopravvento portandolo al suicidio sulle colline torinesi nel 1911.

Il primo intervento, “Il fascino discreto del Mediterraneo - Emilio Salgari, la Sardegna e la Barbaria”, introduce il lettore al tema portante della mostra. Qui lo scrittore Alberto Contu (che ha prestato la consulenza storico-letteraria al progetto espositivo) inquadra le due narrazioni salgariane - “Le pantere di Algeri” e “La pesca dei tonni” - dove fa capolino un’isola praticamente non raccontata nella letteratura coeva: una Sardegna marittima dove “l’avventura è situata come zona di frontiera aperta alle contaminazioni” ed emerge “una forma d’identità condensata che coniuga senza contraddizioni le radici storiche millenarie con una modernità di marca industriale vissuta nel rispetto della diversità e delle specificità isolane”.

Al rapporto tra Salgari e la settima arte è dedicato “Gli eroi traditi - L’opera di Salgari nelle trascrizioni cinematografiche”. Il testo critico di Elisabetta Randaccio mette a fuoco un fenomeno di letteratura popolare unico, capace di fissarsi nell’immaginario fanciullesco del lettore e nelle riserve di fantasia di chi si confronta col genere del racconto avventuroso usando il linguaggio cinematografico. Il percorso dentro la lunga filmografia di ispirazione salgariana parte dal film muto del 1914 “Cabiria” e non si interrompe con la popolare fiction tv del 1976 “Sandokan”, di Sergio Sollima, perché si rintracciano risonanze di immagini salgariane persino in “Indiana Jones e il tempio maledetto” di Steven Spielberg e nella più recente trilogia de “La maledizione della prima luna” di Gore Verbinski.

I difensori del Cristo, la tratta degli schiavi, le rocche costiere a protezione della Sardegna dai Turchi e i Barbareschi, il fascino della Barbaria separata dall’Occidente europeo solo da un breve tratto di mare: sono le tessere che compongono il mosaico di suggestioni espresse nella mostra. Ai Cavalieri di Malta è dedicato l’intervento di Stefano Caroni, una cronistoria dell’Ordine di monaci ospedalieri e protettore del Santo Sepolcro che ha giocato un ruolo da protagonista nelle relazioni tra le due sponde del bacino del Mediterraneo.

In “Una storia in miniatura - I diorami del Museo delle Torri e dei Castelli di Sardegna” l’Associazione culturale Sicuterat descrive la metodologia applicata per le riproduzioni delle fortificazioni costiere appartenenti alla collezione “Monagheddu Cannas”, in parte ospitata in un’apposita sezione della mostra.

Nei due capitoli successivi il catalogo apre una finestra sul Maghreb. Al Museo della Fondazione Orestiadi “Le Trame del Mediterraneo”, che ha prestato alla mostra vestiti e gioielli ottocenteschi provenienti da Libia, Tunisia e Marocco, è dedicata la nota del suo direttore Enzo Fiammetta. Sulla serie di quadri “Il Maghreb di Donatella Ribezzo” e sul percorso artistico della giovane pittrice torinese scrive Nico Vassallo, che con il suo studio di progettazione culturale ha collaborato all’allestimento della mostra ideata e curata dalla Thorn&Sun Communication di Cagliari.

La pubblicazione si chiude con tre approfondimenti dedicati alla Sardegna nel contesto mediterraneo dei rapporti tra i popoli nord africani ed europei, in cui l’isola risulta un inevitabile punto di incrocio tra culture.

Nel suo contributo (titolo: “Ai due lati dell’orizzonte - Note sparse su alcuni luoghi comuni nelle due sponde del Mediterraneo”), il curatore del catalogo Giorgio Pellegrini apre una riflessione sulla tratta degli schiavi, definita come una sorta di “immigrazione” forzata, generata da quasi dieci secoli di incursioni e “considerata ancora oggi nell’immaginario collettivo occidentale solo per quanto concerne le lacrimevoli disavventure dei cristiani in Barbaria e, per contro, quasi totalmente ignorata nell’altro versante, che ha visto turcus e morus in triste e penosa cattività in Sardegna”. Percorrendo le pagine di due scritti che descrivono questa pratica simmetrica, la Istoria degli stati di Algeri, Tunisi, Tripoli e Marocco di Jacques Philippe Laugier de Tassy, pubblicata nel 1754 e la Descrizione della Sardegna, scritta nel 1812 dall’Arciduca Francesco d’Austria-Este, Giorgio Pellegrini sottolinea l’esistenza di una specie di “schiavi quasi integrati (...) in un’Algeri spregiudicata e cosmopolita, affollata di forestieri – in pace e in guerra – e di residenti stranieri, dove gli ebrei livornesi gestiscono gli affari, i berberi subiscono il giogo turco di buon grado e tutte le etnie del Mediterraneo – in stato di schiavitù o meno – partecipano alla riffa avventurosa della guerra di corsa sotto le bandiere della Sublime Porta di Istanbul”.

Su una testimonianza materiale, tangibile delle incursioni dei pirati barbareschi verte “De Turcus e morus”, l’intervento dell’archeologo Mauro Dadea su “La distruzione di Uras in un’epigrafe del villaggio scomparso di Serzela”. Il reperto, custodito nel presbiterio della chiesa di San Paolo, vicino a Gonnostramatza (dove oggi ha sede il Museo Turcus e Morus), racconta della distruzione della villa di Uras nel 1515, da parte dei mori capitanati dal temibile Barbarossa.

Riassume infine le fila di un millennio di relazioni tra sardi e maghrebini una cronologia curata dalle storiche Barbara Fois e Valeria Camboni, che pone la Sardegna al centro degli scontri tra le civiltà che si sono alternate nel Mediterraneo, da quando il Mare Nostrum era oggetto di contesa tra i Bizantini e i Mori, fino ai primi trent’anni dell’Ottocento, agli inizi della colonizzazione europea dell’Africa del Nord.

Il catalogo, tirato in 600 copie che saranno distribuite nelle migliori librerie della Sardegna, accompagnerà da qui in poi gli eventuali futuri riallestimenti della mostra in altre città. Sono diverse, infatti, le manifestazioni di interesse che stanno giungendo agli organizzatori per ospitare "Vele, Tonni e Scimitarre" nel 2011, centesimo anniversario della scomparsa di Salgari. Un appuntamento è già fissato, ed è particolarmente significativo: la presentazione del catalogo, nel maggio del prossimo anno, al ventiquattresimo Salone Internazionale del Libro di Torino, la città d'adozione di quello straordinario inventore di avventure che è stato Emilio Salgari.

“Vele, tonni e scimitarre - Avventure salgariane nel Mar di Sardegna” è un progetto promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari in collaborazione con la Regione Autonoma della Sardegna (Presidenza della Giunta e Assessorato alla Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Sport, Spettacolo e Informazione) e il Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna, con il patrocinio del Ministero della Cultura della Repubblica Tunisina, del Ministero della Cultura della Repubblica Algerina, della Delegazione Granpriorale della Sardegna del Sovrano Militare Ordine di Malta, della Fondazione Orestiadi e dell’Istituto italiano di Cultura all’Estero di Tunisi. Progetto scientifico, cura della mostra e organizzazione sono della Thorn & Sun Communication di Cagliari con la collaborazione dello Studio Vassallo di Torino.

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