Pastorale è un progetto coreografico che tratta di temi appartenenti al mondo agropastorale, come le grandi difficoltà dovute ad una condizione che è ormai arrivata allo stremo. L’infelicità, la perdita di una visione socio-politica che manteneva forte il rapporto con la terra, hanno portato ad un totale esaurimento di energie. Quel mondo muore e noi con esso.
Un intervento artistico all’interno di Villa Muscas, Centro della Cultura Contadina : lo spettacolo “Pastorale” del coreografo Maurizio Saiu metterà in scena azioni per un nuovo modo di concepire la terra e i suoi frutti. Azioni che mettano in relazione alimentazione, etica e filosofia alla ricerca di un vivere migliore.
Il progetto cerca di rendere più profondo un discorso ormai arrivato ad un punto di drammaticità tale che si sente forte la necessità di mettere in atto una nuova visione. L’arte come veicolo per una nuova scienza, consapevoli del fallimento causato da politiche sbagliate ma anche da una trasformazione antropologica in atto da sempre.
Un momento dove gli allievi saranno a contatto con l’arte in un discorso atto a stimolare immaginazione, creatività e consapevolezza.
Note sullo spettacolo "Pastorale"
Uno spettacolo di danza contemporanea e canto che ha come cifra predominante l'immaginario, ancora fortemente arcaico, del mondo dei pastori.
Un lavoro concepito all'interno di un ampio progetto artistico dal titolo "Transumanze", rassegna di arti performative che vedeva coniugarsi l'arte contemporanea con la tradizione, in quel caso quella della Sardegna.
"Dalla bellezza di una natura aspra e dolce allo stesso tempo, piena di contrasti ma sempre compresa, nasce il desiderio di raccontare per immagini, con il linguaggio del corpo, una storia- fiaba dedicata ai pastori, simbolicamente pregni di ingenuità e purezza, asprezza e solitudine, di intelligenza intuitiva e di poesia.
Una immersione all'interno di un paesaggio primario dove gli archetipi riaffiorano e ci conducono verso un'età dell'oro immaginaria riscontrabile ancora oggi nell'eredità rimasta. Quanto certi elementi sopravvivono nei caratteri , nei comportamenti, nella lingua di tutte quelle genti che mantengono vivo il contatto con la storia che gli appartiene.
Il corpo deve subire molteplici spostamenti per raggiungere un'illusione di inconsapevolezza. I codici del teatro appaiono per raccontare, in una forma non del tutto naturalistica, situazioni riconducibili ad una memoria che è anche la nostra, per poi allontanarsi verso un luogo dell'inconscio, l'invenzione di un corpo che riscriva lo spazio e il tempo. L'opera non si fossilizza dentro un passato immaginario, andando a recuperare solo frammenti difficilmente decifrabili , ma rigenera quel senso di totalità, quell'armonia che l'universo ci suggerisce e che tutti, anche se inconsapevolmente, sappiamo che da qualche parte dentro di noi esiste. E' un'ode alla felicità persa, forse per sempre. O forse è solo il desiderio di una civiltà del bene, che ci possa condurre verso la morte senza paura. Riaffermando la sacralità di tutte le cose. Un'epica sulla visione.
...se prima anche il solo vedere da lontano un gregge o uno stormo di uccelli ci riportava verso ciò che c’è di più bello sulla terra insieme ai mari, alle montagne,al cielo, oggi la stessa visione ci può inquietare, incomincia a farci paura. Questo è un tempo dove la malattia ha preso il sopravvento, determinata sempre di più da quei fattori che vedono gli uomini stessi artefici del loro dolore".
Coreografia e regia Maurizio Saiu
Interpreti Cristiana Bosoni, Franco Casu,
Musiche S.Gamil, G.Branca
Progetto visivo Josephine Sassu
Assistenza tecnica Luca Piga
Organizzazione Vox 2ooo
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