Tuvixeddu.
Chiusa l'inchiesta: tra i sette indagati l'ex capo dell'Ufficio e l'archeologa direttrice dei lavori
Il pm:«Santoni,Salvi e i dirigenti comunali Zoccheddu e Manis distrussero 26 tombe » Elena Laudante elena.laudante@epolis.sm
Ventisei tombe distrutte nella zona di massima tutela, quella del Parco Archeologico della Necropoli fenicio punica di Tuvixeddu; autorizzazioni rilasciate per costruire palazzine sopra le sepolture romane; violazioni del Codice di salvaguardia dei beni culturali per favorire il costruttore di turno. È questa l'immagine tratteggiata dalla procura della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Vincenzo Santoni (difeso da Pierluigi Concas), oggi in pensione. Al momento, solo ipotesi d'accusa, ma molto dure. Il sostituto procuratore Daniele Caria ha chiuso le indagini su Tuvixeddu ed è pronto a chiedere il rinvio a giudizio per sette indagati. Tra questi l'ex soprintendente, accusato non solo di un presunto tentativo di abuso d'ufficio per evitare di mandare all'aria il piano edilizio di Gualtiero Cualbu e la sua Nuova Iniziative Coimpresa. Ma anche di concorso in abuso d'ufficio con l'archeologa coordinatrice dei lavori, Donatella Salvi, per l'autorizzazione rilasciata per realizzare gli immobili tra i civici 39 e 53 in viale Sant'Avendrace del costruttore Raimondo Cocco (difeso da Benedetto Ballero). Santoni e Salvi avrebbero dato il via libera - il 9 settembre 2004 - a un edificio che avrebbe «compromesso irreversibilmente la prospettiva, la luce, le condizioni di ambiente e di decoro dei beni archeologici costituiti da tombe romane a camera, e infine, omettendo di prendere provvedimenti inibitori e di avviare la procedura di ridefinizione del vincolo archeologico in presenza di beni all'intero di un'area sottoposta a vincolo indiretto», è l'accusa. Grazie a questa autorizzazione - sostengono gli inquirenti - Cocco ha potuto aprire il suo cantiere in zona di vincolo indiretto, utilizzare le tombe a camera come deposito di materiali edili, pedane, tavoloni in legno, poggiando sulle pareti e sulle tombe un ponteggio infisso nella parete rocciosa. Da archeologa con il compito di vigilare su quel cantiere, Donatella Salvi è accusata di violazione del Codice Urbani per non aver impedito gli scempi. In concorso con loro è indagato per la stessa ipotesi il direttore dei lavori, Fabio Angius. L'imprenditore - che poi accetterà di rinunciare all'area in cambio di una contropartita offerta dalla Giunta Soru - è indagato per violazione del Codice Urbani in concorso con Luciano Muscas, che aveva ottenuto l'autorizzazione ambientale «sulla base di false dichiarazioni» - è l'ipotesi accusatoria - contenute nelle domande dirette ad avere la concessione dal Comune. E queste sono le novità che emergono dalla chiusura delle indagini. Per il resto, sono confermate le ipotesi accusatorie formulate all'inizio dell'indagine, all'epoca del sequestro delle fioriere. Nonostante il tentativo di sanare l'abuso, sotto inchiesta sono rimasti il responsabile del procedimento per il Comune Paolo Zoccheddu (assistito da Mariano e Massimo Delogu) e il direttore dei lavori Gian Carlo Manis (difeso da Massimiliano Ravenna), indagati in concorso con Santoni e Salvi per danneggiamento aggravato: avrebbero distrutto 26 tombe con le opere abusive, le fioriere in pietra a gradoni alte 4 metri, due piramidi di 3 metri, la rampa del percorso vita. Ora gli indagati possono chiedere di essere interrogati e fornire la loro versione dei fatti.
Il ringraziamento per la figlia e l'archiviazione per Cualbu Un voto per Valeria
Come già emerso all'atto della richiesta di archiviazione per Cualbu, Soru, l'ex assessore Carlo Mannoni, Santoni è accusato di tentato abuso d'ufficio e falso: nella seduta del 21 febbraio 2007 sostenne che non c'erano nuovi ritrovamenti al di fuori del perimetro già tutelato e votò no alla tutela totale del colle. Tutto questo - è l'accusa - per ringraziare Gualtiero Cualbu, il costruttore che aveva rinnovato l'incarico a sua figlia, Valeria Santoni (indagata e poi archiviata) che lavorava proprio a Tuvixeddu. Abuso solo tentato perché il suo voto fu ininfluente. Intanto si attende la decisione del Gip sulla richiesta di archiviazione avanzata dal pm Daniele Caria, che non aveva iscritto nel registro degli indagati Cualbu per corruzione, Soru e Mannoni per abuso d'ufficio, in merito al tentativo di bloccare il piano Coimpresa sul colle.
Al telefono Intercettazioni e i giudici del Tar
Lo scontro al Csm
Dalle intercettazioni erano emerse le pressioni di Gualtiero Cualbu su politici e personaggi influenti per evitare che la Regione estendesse il vincolo all'intero colle. Così come erano emerse le ombre sul Tar, del quale Cualbu conosceva la decisione un mese prima delle sentenza. Ne era nato uno scontro fra Tar e procura, che dovrebbe finire al Csm.