Edilizia. Confindustria, Api sarda e Lega delle cooperative chiedono alla Giunta Soru norme urbanistiche più snelle
Incertezze su beni identitari: concessioni in calo del 50%
Le imprese edili della Sardegna lanciano l'allarme sul blocco dei cantieri imposto dalle norme urbanistiche.
Un intervento urgente, una leggina di due o tre articoli al massimo che permetta alle imprese edili di riprendere a lavorare. La richiesta arriva dalle associazioni imprenditoriali: una santa alleanza tra Confindustria, Api sarda e Lega delle cooperative per risollevare le sorti di un settore che naviga in una crisi sempre più pesante. Lo dicono i numeri e le imprese individuano le cause di questa situazione nel caos normativo che investe l'urbanistica in Sardegna dopo l'arrivo del piano paesaggistico. Soltanto a Cagliari, secondo le cifre fornite ieri mattina dalle tre organizzazioni imprenditoriali, sono più di ottanta i cantieri bloccati, mentre le concessioni edilizie in tutta l'isola sono scese del 30% nel 2007 rispetto al 2006. Per l'anno in corso, infine, si stima una riduzione del 50% delle autorizzazioni. L'incertezza, dicono le associazioni, rallenta il rilascio delle autorizzazioni da parte degli uffici comunali e «se questo non bastasse, poi arriva anche il blocco dei lavori, quando il cantiere è aperto».
LA LEGGINA La situazione precipita. Da qui la richiesta di una «legge urgente sblocca-cantieri che introduca certezze adeguate nell'individuazione dei beni paesaggistici e nella perimetrazione dei centri storici», ha spiegato Gianni Biggio, presidente di Confindustria. Nella norma basterebbero due articoli, il 32 e 32 bis, già contenuti nel disegno di legge urbanistica, che delineano «questi fantomatici beni identitari e paesaggistici», ha spiegato Maurizio De Pascale numero uno dell'Ance, l'associazione dei costruttori edili di Confindustria. «Lunedì scorso, in occasione della nostra assemblea dell'associazione di Cagliari, abbiamo consegnato al presidente della Regione Renato Soru una proposta stralcio di appena tre articoli», ha precisato. Ora, le aziende chiedono che venga discussa in consiglio regionale prima della pausa estiva. Permetterebbe, in qualche modo, di definire meglio cosa si intende per beni identitari, oltre che per delimitare il perimetro dei centri storici, garantendo certezza del diritto alle imprese. È questo che serve, spiegano le tre associazioni imprenditoriali. «Una volta approvata la leggina», ha aggiunto Giovanni Gavassino, da meno di un mese numero uno di Api sarda, «ci si può sedere con calma a discutere e a quel punto noi garantiamo la nostra disponibilità a discutere della legge urbanistica».
LA NORMA Le proposte delle tre associazioni, tuttavia, non si fermano alla legge stralcio. Questa è la priorità, ma poi si va oltre. E le richieste sono pressanti: si chiede anche uno snellimento burocratico, maggiore autonomia ai Comuni e una limitazione del potere affidato dalla norma alla Giunta regionale in termini di pianificazione territoriale. Confindustria, Legacoop e Api sarda denunciano che il disegno di legge «pregiudica gravemente la certezza del diritto», poiché gli strumenti del Documento di pianificazione territoriale e le direttive regionali possono determinare «la decadenza di tutte le norme incompatibili dei Piani urbanistici e dei Piani attuativi». Inoltre, il disegno di legge prevede aggravi procedurali e burocratici: ogni intervento avrà infatti necessità di tre autorizzazioni. Non solo. Per qualsiasi intervento sarà necessario chiedere l'approvazione di un piano attuativo. E tutto sarà concentrato «nelle mani della Regione», mentre sarà compressa «l'autonomia dei Comuni» e relegata a «un ruolo marginale la Provincia», attribuendo «alla Giunta regionale, per “motivi ambientali”, decisioni che incidono direttamente sulle scelte effettuate dall'ente locale». Infine, le associazioni mettono anche in evidenza che la normativa approvata con il disegno di legge «attribuisce e concentra nella Giunta regionale un potere illimitato di inibizione o sospensione degli interventi su aree pubbliche e private, anche se consentite dagli strumenti urbanistici vigenti». Questo potrebbe pregiudicare non solo gli investimenti ma anche l'occupazione in un settore, come quello dell'edilizia, che rappresenta una quota consistente dell'economia sarda.
LE RICHIESTE Le associazioni, dunque, bocciano il disegno di legge e rivolgono «un appello a tutte le forze politiche del Consiglio regionale» per un provvedimento che sia frutto di una concertazione vera con le forze sociali, ha spiegato Antonio Carta, numero uno di Legacoop. E il presidente del settore edile dell'organizzazione cooperativa, Giuseppe Corso, ha voluto rimarcare il fatto che il blocco dell'edilizia avviato con il piano paesaggistico finisce per ridurre i volumi realizzati, «mentre grandi risorse finiscono per passare dal settore industriale a quello della rendita parassitaria sugli immobili già esistenti». E anche il costo delle aree viene «appesantito dalla burocrazia che incide sull'attività delle imprese, finendo per scaricarsi sul prezzo finale per i cittadini».
GIUSEPPE DEIANA
18/07/2008