LUNEDÌ, 21 LUGLIO 2008
Pagina 23 - Cultura e Spettacoli
Il pianista e compositore argentino con il suo quartetto sabato in concerto alla Vetreria di Pirri
Le origini dimenticate di una musica e un ballo affascinanti
Dall’habanera «Camila» a una malinconica «Retirada» sino a una singolare versione del popolare brano della «Cumparsita»
WALTER PORCEDDA
CAGLIARI. Si fa presto a dire tango. Musica e ballo assieme, quasi una filosofia di vita. Si mescolano, si intrecciano l’uno con l’altro. C’è anima, sudore, passione, sensualità. Nati, l’uno e l’altro, nei bassifondi di Buenos Aires, dentro sale fumose dove si ballava per dimenticare e forse ritrovare se stessi. Una “mezcla” di culture forte ed esagerata, profumata di spezie che hanno generato più che una danza, un modo di essere. Poesia del corpo, fremito di ciglia, sguardo perso nel desiderio, i piedi che esplorano lo spazio. Così l’incontro dei ballerini può durare un attimo lungo un’eternità. Chi danza il tango difficilmente può star fermo ad ascoltare. Ha bisogno come l’aria di muoversi, librarsi in volo... Tutto quello che è mancato a chi, soprattutto i tangueros, più di un club, quasi una consorteria con suoi riti e passioni, ha fatto capolino speranzosa, al concerto di una specie di mito della musica argentina, Juan Carlos Cacères, pianista e pittore che, con il suo quartetto (Javier Borella, bombo, Marisa Mercadè, bandoneon e Marcelo Russillo, percussioni), sabato nel piazzale della Vetreria per l’organizzazione di Shannara, ha portato la sua personale visione del tango.
Cacères è assai lontano, sia da tante banalizzazioni pop, come da certo mainstream diventato famoso in Europa e, tanto meno, da quelle recentissime e popolari varianti elettroniche (i vari Gotan Project, per intendersi) che scalano le classifiche.
Il progetto che questo musicista persegue da tempo è infatti quello di andare al cuore antico di questo genere per ritrovarne l’essenza. «Tango negro», cioè le radici dimenticate africane del candombe che hanno viaggiato con i propri ritmi, da una costa all’altra dell’Atlantico, per perdersi e mescolarsi con quelli nativi sudamericani e gli altri importati dalla penisola iberica e dall’Est europeo. Una visione forte quella di Cacères che rischia di spiazzare e lasciare anche interdetti chi è abituato a ben altri giri di ballo...
Ecco così che il suo live è un viaggio verso il cuore di una cultura per molti versi dimenticata o meglio ancora globalizzata. Musica sincopata come da copione, ma con diversi momenti in sospensione, intrecci poliritmici e improvvise sciabolate melodiche al bandoneon. Una musica che solo a tratti cita anche il jazz, ma per farsi soprattutto tortuoso cammino tutto interno di una cultura della quale il pianista-pittore apre porte sconosciute. Tra «Viedos tango», l’habanera «Camila» e la malinconica «Retirada», trova posto una stranita «Cumparsita» e un sanguigno «Tango negro».