Dal palco della Vetreria di Cagliari la denuncia di Cavalli contro le infiltrazioni mafiose a Milano
«La malavita è dentro il Martini come un’oliva»
ROBERTA SANNA
CAGLIARI. «Ormai Cosa nostra è dentro il Martini, come un’oliva». Qualche metafora, uno schermo e nessuna retorica per Giulio Cavalli, coautore e interprete di «A cento passi dal Duomo», scritto con il giornalista Gianni Barbacetto, autore di una approfondita indagine sulla penetrazione della malavita organizzata a Milano, sabato alla Vetreria per la stagione Cada Die. Comincia con un funerale a luglio, con l’arpa del silenzio. La stessa che suona anche oggi. Giorgio Ambrosoli, ucciso nel 1979. La sua foto, la sua voce nelle intercettazioni quando viene minacciato. Non si piega. C’è un buco, ci sono le banche private di Sindona e del suo allievo Calvi, all’ombra del Vaticano. E i soldi di Cosa nostra. Poi c’è il fiore all’occhiello, Raul Gardini. Il calcestruzzo fa ponte da Ferrara a Palermo. Ci sono i primordi negli anni ‘50, i sequestri degli anni ’70, l’ondata di arresti nell’83, i maxiprocessi contro la criminalità organizzata già insediata nel territorio lombardo. Edilizia e movimento terra, Ortomercato: i boss sono a cento passi da Palazzo Marino. O sono stati già fatti? Si chiede Cavalli, che snocciola nomi e cognomi, accuse e sentenze. Bisogna chiamare ogni cosa col proprio nome, e abbassare l’aura, far risaltare colpe, ferocia e meschinità. Dal video «Mestizia» Moratti dichiara: Milano non è così, è un’altra cosa. La politica sottovaluta, mentre l’Expo 2015 è alle porte. Si «perseguono sedicenni con un mojto in mano mentre scorrono fiumi di coca» e si trovano bazooka nei cantieri dei rampolli delle “famiglie”. I nuovi mafiosi sono in giacca e cravatta, ormai imprenditori.
Ma «i professionisti del negazionismo» non vedono che Gomorra e già lì, si paga il pizzo dietro la Scala, si ammazza per strada, e sono morti da film. Altro che emergenza scippi e Rom. «Non lo dice un attore, lo dice il sostituto procuratore del dipartimento antimafia. Vincenzo Macrì ha affermato nel 2008 che Milano è oggi la vera capitale della’ndrangheta». Il silenzio è complice. Gli spettatori che hanno ascoltato e che applaudono sono da ora «collusi con la dignità». Alla fine un ringraziamento al servizio scorte di Cagliari e alle forze dell’ordine che, dopo una serie di minacce, lo proteggono.