Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Addio al «papà» dello scudetto

Fonte: La Nuova Sardegna
12 gennaio 2011


Andrea Arrica si è spento in una clinica cagliaritana, aveva 85 anni

MARIO FRONGIA

CAGLIARI. Lo scorso settembre si è goduto la cinquina alla Roma con la gioia di chi ha sempre amato il Cagliari. Poi, più nulla. Solo qualche capatina al Tennis club, per scambiare due parole con gli amici del bridge. Andrea Arrica, 85 anni sabato, se ne è andato in punta di piedi. Ma col sorriso: gli hanno raccontato della vittoria dei rossoblù a Parma. “Acquafresca si muove come i grandi attaccanti. Vedrete che sarà fondamentale” aveva pronosticato in estate.
Un’esperienza monumentale, maturata in un mondo pallonaro diverso. Di certo, più genuino e diretto, il dirigente simbolo dei rossoblù che vinsero lo scudetto nel ’70, era amicissimo dei grandi dell’epoca: Fraizzoli, Moratti, Boniperti, Buticchi, Allodi e Mantovani. Vantava un rapporto speciale anche con Gianni Brera: “Ricordo la marca del suo whisky preferito e l’aroma dei sigari” aveva confidato in una recente intervista. Arrica era il calcio in bianco nero. Ma le emozioni erano a colori: straordinaria la casistica di aneddoti e gags su grandi e piccoli protagonisti del pallone italiano. Che capiva al volo, dopo una stretta di mano: “Aveva un’intelligenza rapidissima e nei giudizi era davvero speciale” dice il figlio Stefano.
Gli almanacchi ricordano il “bingo” fatto nel portare un giovanissimo Riva a Cagliari. Il bis nel dare Boninsegna all’Inter per Domenghini, Gori e Poli. “Il mio colpo migliore? Rizzo alla Fiorentina per Albertosi e Brugnera”. Silenzioso ed efficiente, si muoveva nell’ombra. “Mio padre era geniale e semplice. Faceva parte di un mondo dello sport che ormai non c’è più” spiega Stefano Arrica. Manager nel ramo petroli, a capo di varie aziende nel ramo della distribuzione delle benzine e del gasolio, Arrica ha guidato anche il Coni regionale, il comitato locale di Italia 90 ed era nel Cda del Cagliari. Ma anche in ambito nazionale ha avuto incarichi di rilievo. Tra questi, anche per il feeling con Pescante, al Coni romano.
Ad altrettante chiamate aveva risposto no, grazie. “E’ tutto troppo faticoso. E poi, mi annoio presto” aveva detto alcuni anni fa durante la partecipazione ai campionati universitari tenutisi a Pisa. La verità è plateale: Arrica era malato solo di Cagliari. Ne seguiva le gesta con apprensione. “Soffriva quando la squadra andava male. Le sue osservazioni - rammenta Marcello Vasapollo, nel Cda rossoblu come responsabile impianti tecnici e sicurezza - le ascoltavamo in silenzio: raramente si sbagliava nel giudicare fatti e persone. Se ne è andato il mio secondo papà”. L’amore per i colori societari era di vecchia data. In più, teneva in gran considerazione Massimo Cellino. Ieri, sul sito societario il presidente l’ha ricordato così: “Scompare un grande amico e una parte importante della storia del Cagliari”. Appassionato di golf, Arrica ha portato alla ribalta nazionale il circolo di Is Molas. Sugli impianti di Pula ha portato i grandi del green. E anche l’approccio con la famiglia Colaninno e l’architetto Fuksas è stata opera sua. Ma è da icona dell’epopea rossoblu del periodo che si apre nel ’63 e prosegue per un oltre decennio, che il Presidente viene ricordato in mezza Sardegna. Indimenticabile la sua gestione dalla promozione in serie A alla conquista dello scudetto con la partecipazione alla Coppa dei Campioni. Andrea Arrica ha segnato un’epoca. “Era onesto e sono orgoglioso di essere suo figlio” racconta Stefano. Andrea Arrica lascia la moglie Freda e, oltre a Stefano, la primogenita Alessandra e tre nipotini.