L'emergenza. In 200 sotto l'ombrello della Caritas, 20 preferiscono dormire all'aperto
Nel racconto di due preti le storie di chi non accetta aiuto
Un aiuto importantissimo arriva anche dai volontari dell'associazione Aquilone e dai City Angels.
C'è chi li chiama clochard, chi senza fissa dimora, chi semplicemente barboni. Appellativi diversi per descrivere un'unica categoria di persone: quelli che per tetto hanno il cielo. In città ce ne sono oltre 200 e quasi tutti vengono quotidianamente assistiti dal personale specializzato del Comune e della Caritas, oltre che dai volontari di diverse associazioni, come l'Aquilone di don Carlo Follesa e, da ultimo, i nuovi City Angels. Si tratta di persone che hanno perso tutto e che non possono permettersi un affitto, col risultato che sono costrette a trascorrere la notte nei dormitori o in auto, come la giovane donna che da due giorni ha occupato un appartamento dell'Asl in piazza della Medaglia Miracolosa.
LA SITUAZIONE C'è anche chi ha deliberatamente scelto di non avere una residenza fissa e che ai dormitori preferisce le panchine, gli androni dei palazzi, i ponti, le tendine e le vecchie automobili abbandonate. In città sono almeno una ventina i clochard che rientrano in questa seconda categoria. Vivono perennemente in strada e rifiutano ogni tipo di aiuto. Alcuni sono ex alcolisti o tossicodipendenti, altri soffrono di gravi disturbi mentali, altri ancora sono sani e hanno adottato il vagabondaggio come stile di vita per l'incapacità di relazionarsi con gli altri.
LE STORIE In piazza del Carmine c'è ad esempio Walter, un quarantenne cagliaritano con un passato da tossicodipendente: «È originario del quartiere Marina e io lo conosco molto bene», riferisce don Marco Lai, direttore della Caritas diocesana di Cagliari, «Fino a qualche anno fa lo ospitavamo noi nel nostro centro di viale Fra Ignazio, ma un giorno se n'è andato via e non è più voluto tornare». Oggi dorme su una panchina all'angolo con via Sassari, coprendosi con dei vecchi cartoni. «Una situazione analoga», riprende don Marco, «è quella di Tore, che vive in una tenda nei pressi della clinica Macciotta. Anche lui ha una quarantina d'anni e credo sia sassarese, anche se risiede a Cagliari da almeno vent'anni. Fino a qualche tempo fa condivideva la sua tendina con un'altra persona, poi questa è finita in carcere e si è ritrovato completamente solo».
LA DONNA Un altro caso di clochard per scelta è quello di Francesca, che di giorno si aggira tra via Dante e gli sterrati della Fonsarda. «Si tratta di una giovane donna con lunghi capelli neri, molto intelligente e furba», riferisce don Carlo Follesa, «di notte dorme dentro le automobili abbandonate, mentre di giorno vagabonda di fronte all'Upim o dalle parti di piazza Giovanni XXIII». A Pirri, invece, c'è Abdul, un cinquantenne senegalese con problemi psichici che trascorre le sue giornate tra l'Acentro e via Riva Villasanta, mentre di notte si rifugia sotto il vicino cavalcavia dell'Asse mediano, dove ha innalzato la sua casupola. Cammina ciondolando per un grave problema ortopedico. Si riconosce anche da lontano per la sua altezza, oltre 190 centimetri, e per le sue inconfondibili treccine rasta.
PAOLO LOCHE
12/01/2011