Per lo storico Francesco Cesare Casula la riunificazione è partita da qui
I centocinquant'anni dell'Unità d'Italia? Al massimo, sono i centocinquant'anni dello stato sardo. Francesco Cesare Casula non si allinea al coro dei festeggiamenti. Per lo storico, la Sardegna dovrebbe rappresentare il fulcro delle celebrazioni. Perché l'Isola è stata il fulcro dell'unificazione della Penisola. «Si magnifica l'Unità d'Italia», sostiene Casula, «attraverso eroi come i fratelli Bandiera o Pisacane, pensatori come Mazzini e Gioberti, uomini di stato come Cavour. Ma bisogna aver presente che a condurre una guerra è uno stato non i personaggi. E lo stato che ha fatto il Risorgimento è quello sardo, nato nel 1324 a Bonaria».
Con poche parole, Casula rievoca gli anni che hanno portato alla riunificazione. «Nel 1720, il Regno sardo fu ampliato al Piemonte e gli abitanti di quella regione divennero sardi». La chiave di lettura che porta all'Unità d'Italia è semplice. «Dal 1848 al 1861, il Regno sardo annesse gli altri sei stati peninsulari. Sino al 17 marzo 1861, tutti gli italiani erano sardi». A far cambiare la situazione Cavoru. «Che convinse Vittorio Emanuele II a modificare il nome dello stato. Ma lo stesso re non volle cambiare i suoi titoli: continuò a essere re di Sardegna».
La conclusione dello storico è molto semplice. «Senza la Sardegna, non ci sarebbe stata l'Italia. Il Regno sardo è quello che ha fatto il Risorgimento». Una dimostrazione? «Il tricolore non è, come si sostiene, nato a Reggio Emilia. Certo, quella bandiera aveva gli stessi colori. Ma il tricolore fu scelto perché era la seconda bandiera del Regno di Sardegna».
Una rivendicazione, quella di Casula, che non vuole avere assolutamente un carattere sciovinista. Anzi, riconoscere la primogenitura all'Isola avrebbe potuto avere anche effetti pratici in occasione di queste celebrazioni. «La Sardegna dovrebbe essere considerata la prima regione d'Italia. Invece, è stata esclusa praticamente da tutto. Hanno ottenuto qualcosa, da queste celebrazioni, tante città: Torino, Reggio Emilia, addirittura Reggio Calabria». Invece, Cagliari è rimasta a bocca asciutta. Ma perché si è arrivati a questa conclusione sconsolante? «Perché», risponde Casula, «il sardo sembra non voler credere a questa primogenitura». E il resto della penisola non ci pensa minimamente. «In fondo», conclude lo storico, «il “continentale” era e resta un colonizzatore». ( mar.co. )