Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Viale Trento e via Po: ai mercatini delle nuove povertà

Fonte: La Nuova Sardegna
25 maggio 2011

Viale Trento e via Po: ai mercatini delle nuove povertà 
 
CAGLIARI. Dallo stuzzicadenti al carrarmato, si potrebbe tranquillamente dire. Perché veramente c’è proprio di tutto e di più: dagli infissi recuperati chissà dove al formaggio pecorino; dai pezzi per auto e moto d’epoca al passeggino per neonati; dal telefonino ultimo modello alla frutta e verdura; dalle scarpe e indumenti usati (intimi compresi) ai frutti di mare presi chissà dove. Quasi una sorta di variopinta casbah all’ombra di Carlo Felice. Anzi, due: una che fa virtualmente concorrenza all’altra. Al punto che se i “mercatini spontanei” che la domenica mattina aprono i battenti - diciamo eufemisticamente così - tra il viale Trieste e il viale Trento e tra la via Po e la via Simeto dovessero fondersi insieme, ci sarebbe di che far impallidire il glorioso, quasi mitico mercato del bric & brac di Porta Portese, in Roma.
Già, perché partito quasi in sordina sulla scia di quello ormai consolidato di viale Trieste, il secondo mercatino dell’usato di via Po si è via via sviluppato, fino a occupare uno spazio di tutto rispetto che va dalla vasta area posta di fronte all’ex mattatoio civico e si estende lungo le vie Simeto e Garigliano.
Ma è una “perimetrazione” decisamente provvisoria, tenuto conto che domenica dopo domenica va aumentando il numero delle persone che si sistemano lì per vendere qualcosina e rimediare molto spesso una modesta manciata di euro. Né più, né meno di quanto accade nell’ideale quadrilatero formato da viale Trento, via Cesare Battisti, viale Trieste e piazza Sorcinelli, con una tendenza sempre più prepotente ad arrivare sino a via Nazario Sauro.
E qui sta il punto: se ai tempi in cui vivacizzava le terrazze del bastione San Remy il cosiddetto mercatino delle pulci veniva visto e vissuto come un fenomeno di colore (dove a offrire svariate mercanzie sacrificate sull’altare del consumismo selvaggio erano prevalentemente studentelli e ragazzotti a caccia di qualche lira), oggi quelli di viale Trento e via Po sono la punta di un inquietante iceberg, sotto la cui linea di galleggiamento navigano storie di ordinaria miseria e di straordinaria disperazione, già diventate triste consuetudine anche in questa città.
Detto in poche parole, la domenica mattina ben prima che spunti il sole (c’è chi arriva già nel cuore della notte) un piccolo esercito di estemporanei venditori parte alla conquista dei punti più visibili e ambiti dei due mercatini, nella speranza di riuscire a portare a casa qualche soldo. Infatti, il sistemare il classico tappetino o una bancarella in via Po o nel viale Trento non è più, come un tempo, una questione di folclore stracittadino, bensì il triste palcoscenico di una devastante crisi. E dietro le quinte si nascondono quasi sempre storie che sul piano umano e sociale dovrebbero far riflettere.
C’è - è vero - il pensionato che vuole integrare ciò che riceve dall’Inps, offrendo oggetti usati raccattati qui e là; ma c’è anche la giovane coppia senza occupazione costretta a vendersi i mobili di casa per riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena e comprare il latte per il loro piccolo. Così come c’è l’ex meccanico non ancora sessantenne licenziato all’improvviso («Per riduzione di personale, mi dissero, ma poi hanno assunto dei ragazzi pagati una miseria...») da un’autoconcessionaria, che offre a prezzo stracciato lo scooter con il quale andava al lavoro. Oppure l’ex impiegato («Ho 49 anni e nessuno vuole più assumermi...») di una delle tante aziende che hanno chiuso i battenti nell’area industriale di Macchiareddu e che ora tenta di “riciclarsi” proponendo vecchi computer e televisori ormai fuori mercato. Ma sono solo alcune delle tante storie domenicali, che affondano le radici in uno spaccato della città forse sconosciuto ai più. Una città, appunto, dove le nuove povertà vanno aumentando in un assordante silenzio generale. (pmc)