. Una nuova disciplina
Vedi la foto Appena entrano in campo le due squadre recitano un Padre Nostro. «Ma anche una preghiera ad Allah va bene, perché tutte le religioni hanno diritto di cittadinanza». Poi comincia la partita di “Calcio sociale”: uno sport dove il pallone non è più simbolo di «competizione sfrenata ma di amicizia, solidarietà e unione», afferma don Marco Lai. Dopo aver portato il progetto del “Calciosociale” nel 2010 a Sant'Elia, il sacerdote ci riprova quest'anno a Sant'Eulalia, dove da dieci mesi è il nuovo parroco.
Questo calcio si gioca tra individui molto diversi tra loro, di tutte le età, ragazzi e ragazze, genitori e nonni, professionisti, extracomunitari, ex carcerati, tossicodipendenti, ma anche persone con disabilità psichiche o motorie. Il punto di partenza rimane lo sport più praticato, il calcio, «ma con alcune significative differenze rispetto alla formula tradizionale», spiega Massimo Vallati, ideatore del progetto. «Ridiscutiamo le regole del calcio per riscrivere quelle del mondo. Lo scopo è quello di promuovere e far riscoprire i valori dell'amicizia, dell'accoglienza e il rispetto delle diversità». Le regole del gioco, dunque, hanno un forte significato educativo e sono finalizzate a valorizzare le capacità dei partecipanti. Un aspetto particolare del “Calciosociale”, per esempio, è che non esiste la figura dell'arbitro e ogni giocatore deve riconoscere da sé il fallo commesso. Se questo non accade il capitano della sua squadra interviene e ammette la scorrettezza. In caso di disaccordo la partita viene sospesa.
“Calciosociale” è già una realtà a Scampia e soprattutto a Roma, dove, nel quartiere di Corviale, alcuni anni fa è nato il primo centro nazionale. Mercoledì pomeriggio all'oratorio di Sant'Eulalia Vallati ha illustrato la proposta per Cagliari. «Il sindaco Zedda ha sposato in pieno questo progetto e ci ha assicurato tutto il suo impegno per far sì che decolli nei prossimi anni», ha aggiunto. Per don Marco Lai è una nuova sfida: «Si tratta di uno strumento fondamentale per il quartiere La Marina e per tutta la città», ha detto, «perché mette al centro la persona. Un volano sociale fortissimo che consente di abbattere l'indifferenza, l'emarginazione e il degrado».
Mauro Madeddu