Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cagliari, la Cina è (sempre stata) vicina

Fonte: L'Unione Sarda
8 settembre 2008

Dal racconto di una discendente la storia della comunità asiatica nel capoluogo

Da piazza Savoia negli anni '20 ai grandi magazzini attuali
Il primo fu un uomo che, nella Prima guerra mondiale, scavò trincee per i francesi.
La Cina è vicina, raccontava, in un suo famosissimo film, Marco Bellocchio. I fatti sembrano dargli ragione. Anche se da Cagliari la Cina è lontana, almeno dal punto di vista storico. Perché in città la colonia asiatica esiste quasi da un secolo. I vecchi lo ricordano: dopo gli anni '20, in piazzetta Savoia si creò una sorta di piccola Chinatown . Una comunità che, secondo qualcuno, è poi sparita senza lasciare traccia. Ma Tiziana Chow non ci sta. Anche perché lei è una discendente di terza generazione di quella colonia. «Il primo ad arrivare», racconta, «fu mio nonno, Kanghsiatsu, nato nel 1885 nella provincia di Zheijang».
LO SBARCO A far arrivare quel cinese in Sardegna fu la Prima guerra mondiale. «Fu convinto, insieme a tanti altri cinesi e vietnamiti, dai francesi a trasferirsi in Europa per scavare trincee. Gli avevano promesso che, finita la guerra, gli sarebbe stato regalato un appezzamento di terra». Le cose, però, andarono diversamente: ricevette solo un premio in denaro e finì a Milano». E da lì, senza una ragione particolare, si trasferì a Cagliari dove cominciò a lavorare come ambulante. Trascorse qualche anno in città prima di prendere quella decisione che accomuna tanti cinesi: tornare in patria per morire nella terra in cui è nati.
LA COLONIA La “colonizzazione” cinese di Cagliari sembrava finita prima di nascere. Ma Kanghsiatsu, nella sua permanenza in città, si era fatto tanti amici. Che finirono con il tornare utili al figlio Chow Chu Son. «Perseguitato dai comunisti», riprende Tiziana Chow, «mio padre decise di fuggire all'estero. E, dopo essere stato a Milano dove imparò a fare cravatte e lavorare la pelle, finì a Cagliari». Insieme a Chow Chu Son, arrivarono altri nove cinesi che costituirono la prima colonia cagliaritana.
L'INTEGRAZIONE Persone che, nel giro di breve tempo, riuscirono a conquistare la fiducia e la stima dei cagliaritani. E che, addirittura, condivisero anche le loro disgraziate. «Anche la mia famiglia fu costretta a sfollare per i bombardamenti americani e a spostarsi a Iglesias». Sembrano storie lontanissime: nonostante le leggi razziali imposte da Mussolini, la comunità cinese non ebbe alcun problema a integrarsi: tutti abbandonarono il confucianesimo e si convertirono al cattolicesimo. «Mio padre, dopo aver fatto catechismo dalle suore di san Giuseppe in via Ospedale, fu battezzato, cambiò nome e divenne Luigi Chow». Non solo: addirittura, tutti trovarono la donna della propria vita in città. «Come si sono conosciuti mia madre e mio padre? Lei, inizialmente, lo prendeva in giro. Poi hanno finito con l'innamorarsi». Dando, poi, vita alla terza generazione dei cinesi made in Cagliari .
TERZA GENERAZIONE Mentre quasi tutti si trasferirono (chi a Bologna, chi a Torino), in città rimasero solo due fratelli che formarono le famiglie Chow e King. «Master King, il negozio di via Dante, si chiamava così proprio perché portava il cognome di mio zio, Piero King». E in città nacquero i discendenti di quel precursore. Cagliaritani purosangue. «Tanto che nessuno di noi ha imparato il cinese: allora, si riteneva che i bambini avrebbero avuto problemi di apprendimento se avessero utilizzato due lingue. Per questo le suore della Marina ci impedirono di imparare il cinese». Tanto cagliaritani da essere guardati con un po' di sospetto dai parenti che, negli anni '80, arrivarono in città.
LA NUOVA ONDATA Loro resero visibile la Cina. «Mio cugino mise su il primo ristorante cinese, quello di via Cimarosa». Prima di darsi al commercio, quello che ormai è diventato il business della comunità asiatica. «Alcuni dei miei parenti, fanno quel lavoro». Ma ormai il fascino della storia ha ceduto il passo all'aridità della cronaca. «I nuovi arrivati? Stranieri anche per me».
MARCELLO COCCO

07/09/2008