L'allarme di Giovanni Balsamo: l'agibilità è a rischio per le prossime partite
Il prefetto: lo stadio è a pezzi, non vedo soluzioni
Sarebbe ora di sbrigarsi. Lo stadio Sant'Elia «rischia l'inagibilità», è un vecchio impianto che fatica a stare in piedi. Il prefetto Giovanni Balsamo lo sa bene, perché «è un tema di cui sento parlare dal 2001», quando gestì la città da commissario fino all'elezione di Emilio Floris. Il prefetto lancia un appello, da vero amico della città e dei sardi: «Riparta il dialogo sul Sant'Elia, non è possibile che su questioni di principio si sia smesso di affrontare il tema del futuro della struttura».
Prefetto, in che stato è lo stadio?
«Penoso. Mi occupo settimanalmente degli eventi di pubblico spettacolo che si tengono in questa provincia e ogni volta che si parla delle partite al Sant'Elia è un nuovo dolore. Non so per quanto ancora potremo concedere l'agibilità, speriamo davvero che non accada nulla, altrimenti saremmo costretti a chiuderlo».
I tifosi meritano di meglio.
«Senza dubbio. Questo stato di totale assenza di prospettive, con le parti che non dialogano, fra la complessa situazione a Elmas e l'immobilismo assoluto di Cagliari, non porta da nessuna parte. La struttura così come si presenta oggi non può durare, nonostante la buona volontà del Comune, del Cagliari e soprattutto dei tifosi. Questo scenario inestricabile danneggia soprattutto chi ama il calcio e vuole sostenere la squadra-simbolo dell'Isola».
Come superare questa situazione?
«Non vedo grandi prospettive. Se decidiamo di bloccare le manifestazioni sportive al Sant'Elia, le alternative non ci sono. Il conflitto fra le parti non genera soluzioni: il Comune ogni tanto cerca di rabberciare la struttura e di eliminare i rischi, ma non può andare avanti così. Ci si sieda attorno a un tavolo, magari anche qui, nel mio ufficio, e si riprenda seriamente a parlare: lo stadio deve rinascere, non importa se sarà il Comune o il Cagliari a fare il primo passo».
Qual è il suo punto di vista sulla soluzione Elmas?
«Premesso che le parti in causa sanno perfettamente come e quando muoversi, da appassionato di calcio sottolineo che Cagliari merita un impianto di alto livello in città. Osservo, se parliamo di Elmas, che il veto posto dall'Enac, peraltro recentemente confermato, mi pare un ostacolo insormontabile».
Appuntamento in Prefettura, allora.
«Perché no, se potessi essere d'aiuto per far ripartire la questione, metterei a disposizione anche questo ufficio. Mi pare incredibile che lo stadio cada a pezzi e nessuno, in questa città, sembra essere seriamente preoccupato. Attenzione, il Sant'Elia potrebbe chiudere presto».
Enrico Pilia
L'opinione Ora basta scherzare col fuoco (e coi tifosi)
di Michele Ruffi
Ora non è più tempo di scherzare. Al netto della diplomazia e dei toni che deve usare un rappresentante del Governo, Giovanni Balsamo vorrebbe dire proprio questo. Le condizioni più che pietose del Sant'Elia non consentono un ulteriore indugio sui lavori di manutenzione. Tanto più che la via d'uscita, cioè la costruzione del nuovo stadio a Elmas, si è quantomeno complicata dopo i vincoli imposti dall'Enac sui terreni vicini all'aeroporto. E allora appare difficile che il Cagliari calcio realizzi la Karalis Arena entro la fine del 2012, come previsto dai vertici della società.
Dunque bisogna trovare una soluzione per quell'anziano signore di cemento armato che domina il panorama di Sant'Elia. Un impianto sportivo costruito nel 1970 e ristrutturato in tutta fretta vent'anni dopo, per i mondiali del 1990. Ora che è passato un altro ventennio abbondante non si può perdere altro tempo. Cellino lo sa ed è per questo che martedì ha allacciato il discorso con il sindaco Massimo Zedda. Perché se non si trova una soluzione, il rischio non è più quello bagnarsi sotto la pioggia, o fare i conti con i seggiolini scomodi, i bagni inesistenti e la distanza siderale tra tribune e campo di gioco. Il rischio è che il Sant'Elia chiuda «presto», come avverte il prefetto.
D'altronde, «c'è l'urgenza assoluta di rifare uno stadio che non sta più in piedi», come disse l'ex presidente del Consiglio comunale Sandro Corsini a dicembre del 2001, esattamente dieci anni fa.
Da allora non è cambiato nulla: questo è il problema.