In sei anni raddoppiati i pasti offerti agli indigenti
STEFANO AMBU
CAGLIARI. Le prime volte si avvicinano, danno un’occhiata da fuori e magari chiedono informazioni. Ma per un loro amico, mica per loro. Poi la necessità di mettere qualcosa nello stomaco batte titubanze e pudore. E chiedono un pasto, anzi due: a volte anche la colazione. Le persone che si rivolgono alla mensa Caritas di viale Fra’ Ignazio sono sempre di più. Lo dicono i numeri presentati nei giorni scorsi durante il convegno su Alimentis, l’iniziativa promossa dall’Agenzia per il lavoro per l’utilizzo dei prodotti alimentari che rischiano di rimanere invenduti da negozi e grandi catene e che vengono destinati a chi ne ha bisogno. Un confronto con il 2006? Cinque anni fa i pasti erogati erano stati 80.441. Oggi, dati del 2011, sono quasi raddoppiati: 148.484. Un grafico spiega bene la situazione: una linea che sale, sale e sembra non volersi fermare più. Le impennate più nette sono quelle del 2007 (più 24mila circa rispetto all’anno prima), 2009 (20mila) e naturalmente 2011 (ancora più 20mila). Il pasto più richiesto rimane sempre il pranzo (34.611 nel 2006 e 62.592 nel 2011), poi la cena (31.488 contro i 60.017 dello scorso anno) e infine la colazione (14.342 sino alle 25.875 del 2011). Questo per quanto riguarda la struttura davanti all’Anfiteatro Romano. Ma sono molto frequentate anche la mensa del Buon Pastore con le suore e l’associazione volontaria La Provvidenza e quella di Elmas (Centro san Sebastiano). «Assistiamo a una crescita vertiginosa - spiega don Marco Lai, responsabile regionale della Caritas - del numero di persone che si rivolgono alla mensa. Non è come altrove un aumento legato all’aumento degli stranieri. Qui è soprattutto colpa della crisi economica che si riflette anche sulle famiglie. Disoccupazione e pochi soldi. L’effetto è dirompente: la disgregazione dei nuclei familiari, tra marito e moglie o tra genitori e figli crea ulteriore bisogno e povertà». Già, la povertà che nasce dalla rottura di un matrimonio o di una convivenza.
Ne aveva parlato anche il sindaco Massimo Zedda intervenendo alla trasmissione tv Ballarò. Molti i separati o divorziati che non hanno più un tetto: un posto dove dormire o prepararsi da mangiare. E che chiedono aiuto agli assistenti sociali del Comune. E finiscono spesso in mensa. «Intuiamo - continua Don Lai - che ci sono persone che non riescono a chiudere il mese. E che si rivolgono a noi quando le risorse sono terminate. La mensa è un aiuto, ma noi cerchiamo spesso di trovare soluzioni alternative. Al nostro centro di ascolto passano ogni mese duemila famiglie. E non si parla soltanto, ma si cerca di trovare delle soluzioni che consentano magari di evitare la mensa. Magari facendo arrivare il cibo cucinato in casa, in modo che la famiglia e la casa rimangano come sempre il punto di riferimento. Un modo per evitare la corsa alle mense. Ma si interviene anche con la bombola, o con l’energia elettrica». Si allarga soprattuto la fascia di chi rimane in bilico all’ingresso della fatidica soglia della povertà: entra, esce, ma può farcela ancora a risollevarsi: «Sono fasce per le quali - continua Don Lai - è fondamentale anche il credito, che di solito non viene accordato a chi è a rischio. E che invece è magari in grado di risolvere a volte per sempre una crisi passeggera. Un modo per evitare di inabissarsi dentro la povertà».