Ortodossi
RELIGIONI Dopo i musulmani anche la comunità cristiana lancia un appello per avere un luogo di culto: «Quello che abbiamo a disposizione è troppo piccolo». Ieri le celebrazioni della Pasqua
Non solo i musulmani, che da tempo chiedono al Comune uno spazio di preghiera: anche la comunità ortodossa chiede uno spazio dove potersi riunire per celebrare i riti e le funzioni religiose, oltre a garantire un punto di ritrovo ai fedeli. Ieri mattina, per celebrare la Pasqua, i fedeli sono stati ospitati dalla chiesa di Nostra Signora della Speranza di via Duomo. Troppo piccola per contenere le cinquecento persone che volevano assistere alla messa, più della metà sono rimaste in piedi e fuori dal portone di ingresso, sotto una pioggia battente. «La nostra celebrazione è durata circa quattro ore, sono venute tantissime persone in un clima di grande festa. Mi è dispiaciuto vedere tanti fratelli e sorelle in piedi, in tanti sono dovuti andare via per la pioggia», racconta padre Michele Povaliaiev, prete ortodosso da un anno in città, «ci riuniamo tre volte alla settimana, il giovedì e il sabato e ovviamente la domenica». Conferma e integra le parole del prete ortodosso, Giuseppe Carboni, console onorario della Bielorussia nell’isola: «L’appello che faccio è alle istituzioni, la comunità ortodossa deve avere spazi di aggregazione. La chiesa dove si riuniscono risulta piccolissima se paragonata alle centinaia di fedeli, servono spazi», spiega Carboni, «anche per favorire l’integrazione. Certo, l’aiuto provvisorio della chiesa cattolica è importante e positivo, ma se ci fossero anche chiese ortodosse la città e tutta l’isola sarebbero meta di pellegrinaggio religioso», sostiene, «dunque un investimento per il futuro » . Il console bielorusso prosegue affermando che «l’attuale immigrazione dai paesi dell’est europeo è giovane, rispetto alle altre. In città sono già tante le coppie miste e ricongiungimenti familiari, oltre a tanti bambini che devono costruirsi serenamente il futuro. Abbiamo una biblioteca con più di tremila libri russi», con clude Carboni, «ma anche in questo caso lo spazio non è sufficiente». Se di mattina erano più di cinquecento a festeggiare la ricorrenza pasquale, nel primo pomeriggio non più di un centinaio di persone ha assistito al concerto pasquale con musiche popolari russe, ucraine e bielorusse. Lo spettacolo si è svolto al teatro sant’Eulalia, alla Marina. «La nostra Pasqua ha lo stesso significato di quella cattolica, quest’anno la festeggiamo sette giorni dopo perché seguiamo il calendario lunare», dice Maria Polisko, signora ucraina da nove anni in città, «sono contenta di poter ascoltare la musica del mio Paese». Accanto a lei, Hanna Lyabakh, sempre dall’Ucraina: «Qui da voi vivo meglio, faccio la badante e riesco a mandare qualche soldo a casa. La nostra Pasqua è più vitale e gioiosa, ma alla fine siamo tutti fratelli». Maxim Novikau è nato in Bielorussia e ha 20 anni: ha perso i genitori e nel 2008 è stato adottato da una famiglia cagliaritana: «Mi piace vivere qui, c’è anche il mare. Sto finendo la scuola media e una speciale per imparare l’italiano, continuerò a studiare e mi cercherò un lavoro». Paolo Rapeanu