CAGLIARI. Sono quattro le persone indagate per i lavori abusivi nel parco pubblico di Tuvixeddu. Oltre il responsabile del procedimento Paolo Zoccheddu e il capo cantiere Giancarlo Manis, il sostituto procuratore Daniele Caria ha iscritto altri due tecnici il cui nome è rimasto finora coperto dal segreto investigativo. Il magistrato ha compiuto nei giorni scorsi un sopralluogo tecnico insieme al procuratore capo Mauro Mura e ai legali degli indagati. Sono stati ispezionati i muraglioni costruiti dall’impresa di subappalto ‘Falpo srl’ di Roma per conto del Comune ed è stata verificata la posizione delle tombe puniche rispetto alle nuove costruzioni, che sono al centro dell’inchiesta. E’ confermato che i muri - in origine dovevano essere fioriere leggerissime - hanno dimensioni difformi da quelle stabilite nel progetto esecutivo. Ma nel frattempo è emerso che la Sovrintendenza archeologica aveva autorizzato la realizzazione di strutture in cemento armato. E’ stato proprio Zoccheddu ha scegliere di metterle in piedi in pietra, nel tentativo di limitare in qualche modo l’impatto e di assicurare una più facile amovibilità. Ma sempre Zoccheddu - a quanto si deduce dai rapporti del Corpo Forestale - non si sarebbe accorto che le dimensioni previste nel progetto esecutivo erano diverse da quelle indicate nel progetto definitivo, il solo autorizzato dall’ufficio regionale tutela del paesaggio. Ed è stata la decisione di allargare le fioriere fino a trasformarle in autentiche muraglie a far scattare l’inchiesta giudiziaria, malgrado la scelta sia ancorata - a quanto emerge dalle indagini - soltanto alla necessità di assecondare la pendenza del terreno. Una cosa è comunque certa: i lavori di costruzione dei muri, sia pure con dimensioni più ridotte, hanno ricevuto il via libera dalla Sovrintendenza prima che fosse certa la posizione delle tombe da scavare con la quota di finanziamento destinata alle ricerche archeologiche. La conferma è inoppugnabile: gli operai specializzati della Falpo hanno trovato e scavato sepolture puniche intatte al di fuori del perimetro dell’area cimiteriale circoscritta dalle muraglie. Che invece dovevano servire a separare la zona archeologica dal parco naturalistico. Si tratta di un errore clamoroso, la testimonianza di una leggerezza grave al di là delle conseguenze giudiziarie. Ed è incredibile che l’errore sia stato commesso malgrado il contratto stipulato con l’impresa stabilisse la presenza costante, quotidiana, di un tecnico della Sovrintendenza all’interno del cantiere. Un esperto in grado di monitorare gli scavi, i lavori di realizzazione delle strutture autorizzate e quindi anche di bloccare tutto se le ruspe avessero evidenziato presenze impreviste di materiali, tombe, reperti di un qualche interesse scientifico e culturale. Finora però la Procura non ha assunto alcun provvedimento che riguardi direttamente la Sovrintendenza, ma si è limitata ad acquisire gli atti che riguardano la necropoli di Tuvixeddu e i rapporti dell’ufficio statale con gli altri enti pubblici coinvolti nell’operazione-parco. Prosegue intanto anche l’inchiesta nata sull’esposto del gruppo Cualbu, che attraverso l’avvocato Agostinangelo Marras ipotizza irregolarità nel confronto legale tra impresa e Regione, legato al progetto Coimpresa. Acquisiti tutti gli atti, il pm Caria è impegnato nell’esame della massa di documenti arrivata nel suo ufficio: i tempi non potranno essere brevi. (m.l)