Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La crisi tocca le botteghe della borghesia

Fonte: L'Unione Sarda
10 dicembre 2012


VIA MILANO. Commercio

Da alcuni anni è una discesa continua. Le botteghe storiche di via Milano, strada della buona borghesia cagliaritana, rischiano di spegnere luci e vetrine. Bar, tabaccherie, negozi di frutta e verdura, generi alimentari, un calzolaio e una merceria, una decina in tutto, sono vittime della crisi del 2012. Attività commerciali, soprattutto a conduzione familiare, una-tre persone al massimo, punti di riferimento per generazioni di cagliaritani e che quest'anno rischiano di dover chiudere, magari dopo 50 anni di attività.
Come la tabaccheria di Maria Daniela Orrù. «Certo che la sentiamo questa disperazione», racconta, «ormai vendiamo soprattutto le sigarette nei pacchetti da dieci. Questo è l'anno peggiore, continuiamo a sostenere le spese ma non abbiamo più la certezza del guadagno. Un altro anno così e saremo costretti a chiudere», ammette. Una decina di metri più in là, al numero 91, ci sono Andrea e Roberto Aresu, fruttivendoli. Fino a pochi anni fa la gente faceva la fila per assicurarsi le loro primizie ma «nell'ultimo anno il lavoro è crollato del 50%», spiegano. Sono proprio le abitudini delle persone a essere cambiate. «La gente il giovedì fa le scorte al mercatino della Coldiretti in piazza dei Centomila».
Allo storico Bar Milano, Simona e Simone lavorano dalle 6 del mattino alle 23,30, dal lunedì al sabato, più la domenica mattina. «Tentiamo di arginare la crisi, ma non facciamo altro che galleggiare», spiegano. Eppure Marco Basciu, un artigiano che oltre dieci anni fa ha rilevato la bottega di calzoleria al numero 72, non ha perso il sorriso, anche se è dura anche per lui. «Un tacco, una suola, una cinta: sopravviviamo così». L'affanno è generale. A preoccupare è il futuro: «Se chiudiamo, poi dove andiamo?». C'è qualche distinguo: Gino Pitzalis, continua a essere punto di riferimento per chi cerca carne di prima qualità. «Noi subiamo meno danni di altri, si lavora meno, questo sì, ma per fortuna riusciamo ancora a vivere».
Mauro Madeddu