Successo per il balletto del siberiano Boris Eifman al Lirico di Cagliari
Dal capolavoro al dramma di Olga Spessivtseva
Pur in un momento di grande difficoltà, il Teatro Lirico di Cagliari ha offerto quest'anno due ammalianti momenti coreutici e scenici: “Les nuits” del franco-albanese Angelin Preljocaj, durante il Festival di Sant'Efisio, e “Red Giselle” del siberiano Boris Eifman, che ha debuttato l'altro ieri e rimarrà in cartellone fino al 15 (alle 20,30 tranne sabato alle 19 e domenica alle 17).
Nell'idea del coreografo russo, il mito perfetto di Giselle, immortale capolavoro romantico in due atti, segnato dalla gioia dell'amore e dalla sua perdita, costituisce il punto di partenza per trasferire sul palco la drammatica storia di Olga Spessivtseva, leggendaria ballerina del Mariinskij prima, dei Ballets Russes dopo, e infine dell'Opéra di Parigi, che concluse la sua esistenza avvolta dalla follia - fu internata in un ospedale psichiatrico e mori quasi centenaria nel '91 a New York - identificandosi nel personaggio di cui è stata una delle interpreti più importanti, forse, la più importante.
Attraverso questa storia Eifman narra però anche molto altro, riflette soprattutto sulle sofferenze e i soprusi degli artisti vittime di regimi totalitari o di personalità dominanti, e lo fa con cognizione di causa: da giovanissimo cavalcò un'estetica a quel tempo nuova, che lo mise in aperto conflitto con la forma ufficiale del balletto sovietico. Entrambi gli atti sono così ricchi di citazioni e rimandi.
Il primo si apre con una lezione di danza accademica al Mariinskij, in cui il maitre de ballet - non è difficile individuarvi la figura di Fokin - nota Olga, che ben presto incanta la platea in una rappresentazione dove Eifman riporta in superficie un frammento del primo atto di Giselle. Si innamora di un funzionario della polizia segreta, ne diviene l'amante e accetta di esibirsi per i rivoluzionari nella sede del Soviet, ma poi fugge da quel sentimento torbido e dalla propria terra, scampando alle violenze della Rivoluzione di ottobre.
Trova riparo a Parigi, dove perde la testa per il proprio partner artistico, omosessuale e incapace di ricambiare il sentimento. La delusione, la nostalgia, i ricordi, i fantasmi del passato, la spingono fatalmente nel vicolo cieco della pazzia: in una scena emblematica, tira fuori da un baule delle bambole di pezza che lei stessa fa e che rappresentano i personaggi delle sue opere.
Rigore tecnico, virtuosismo incandescente, movimenti ricercati, stasi e dinamica, pas de deux, effervescenti momenti corali, danze popolari, charleston, balli di sala, il coreografo di Rubtsvsk trasforma il palco in un crocevia di generi e stili. Ottima la compagnia, che al termine raccoglie lunghi applausi, indirizzati con calore maggiore a Nina Zmievec e Nikolaj Radzjus, di bell'impatto le scenografie e i costumi di Vjaceslav Okunev, e il disegno luci ideato dallo stesso Eifman.
Carlo Argiolas