Il festival chiude con affollati incontri dedicati a chi lotta in difesa dell’ambiente Le idee dei No Radar e dei siciliani No Muos. Da Arborea a Bosa e La Maddalena
di Giulia Clarkson
CAGLIARI Bastiancontrario per partito preso? Neanche per sogno. Pericolosi no global o terroristi pronti a tutto? Qualcuno ha voluto farlo credere. Ma il gioco è stato presto smascherato. Sebbene ciò non significhi che non verrà riproposto. Però una cosa é certa: a furia di remar contro, cresce la consapevolezza. E indietro non si torna più. Il movimento No Tav, in Val di Susa è un simbolo nazionale di resistenza civile. Ha dalla sua anni di studi e di mobilitazioni. È capace di organizzarsi e manifestare con grande creatività. E la qualità della vita dei suoi aderenti si è grandemente innalzata. A dirlo è Chiara Sasso, in prima linea fin dall'inizio, ospite dell'incontro “Perché No”, organizzato nel gremito locale dell'associazione Don Chisciotte nella serata di commiato di un brillante e seguitissimo Marina Cafè Noir dedicato a chi, in tempo di venti contrari, non smette di cercare possibilità alternative e non maggioritarie. Tema sensibile, quello dei comitati territoriali di base, anche in Sardegna quanto mai vivi e sull'allerta. A perorare la causa dell'ambiente contro la deturpazione del territorio; del benessere della cittadinanza contro le multinazionali o spregiudicati gruppi edili, troppo spesso patrocinati dalle amministrazioni pubbliche. Per dolo o per colpevole ignoranza. Questioni di contenuti dunque, ma anche di metodo: non c'è più spazio per decisioni calate sulla testa della gente. Non c'è spazio per l'approssimazione. E l'esperienza dei movimenti sardi No Radar, No al progetto Eleonora e STpB/In Bosa, i cui rappresentanti sono intervenuti domenica sera, accompagnati dalla giornalista d’inchiesta Maddalena Brunetti, autrice assieme a Carlo Porcedda del volume "Lo sa il vento - Il male invisibile della Sardegna" (ed. Ambiente), sta a dimostrarlo. Ottimo, per esempio, il coordinamento tra i comitati e le popolazioni che riesce a bloccare i cantieri di nuovi 13 radar militari previsti nel sistema VTS (Vessel Traffic Service) promosso dal Ministero dei Trasporti per il controllo del traffico marittimo e da integrare con il sistema C4ISR a fini di intelligence militare e di sicurezza (uno è già operativo a Guardia Vecchia, sull’Isola della Maddalena, dal 2003, e uno presso il Faro di S. Elia, a Cagliari, dal 2011) in zone altamente sensibili, aree naturalistiche o archeologiche. Per Massimo Coraddu, attivista dei No Radar e dei No Muos siciliani (il Mobile User Objective System è il sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare statunitense che dovrebbe coordinare, dalla Sicilia, i droni e tutti i sistemi militari statunitensi nel mondo) si tratta «dell'ennesima opera costosissima e devastante per l’ambiente, spinta dalle multinazionali militari italiane per un business di parecchi milioni di euro».
Tenute fuori le forze politiche istituzionali, convinti gli amministratori a cambiare rotta, anche a seguito della decisione del Tar che riconosce l’illegittimità delle concessioni e di conseguenza legittima i dimostranti, tenuto duro anche contro le intimidazioni, la battaglia non è finita: sebbene gli obiettivi sono stati ridotti per via della spending review, ci si aspettano nuovi tentativi di installazioni, all'Asinara e ad Olbia. Ad Arborea è sorta quasi istintiva la mobilitazione contro un progetto lacunoso ed irrispettoso. Precisa Davide Rullo che «non c’è correlazione tra la resistenza al progetto Eleonora della Saras ed il metano. Il fatto è che il progetto ignora l'esistenza di abitazioni, prevede la realizzazione di un pozzo esplorativo per la ricerca di gas naturale a 200mt dallo stagno di S'Ena Arrubia, vicino a un campeggio, alla costa, alle aziende agricole». Doppia pressione a Bosa, dove il Comitato per la Salvaguardia coste bosane, di cui ha riferito Gianluca Nieddu, difende il tratto di costa che va verso Alghero, rimasto quasi incontaminato poiché base degli addestramenti della Gladio. Oggi il nuovo appiglio per 330mila metri cubi di cemento - in un luogo tutelato da vincolo paesaggistico, regno in cui nidifica il grifone e anche zona archeologica - è offerto dalla recente legge regionale sul golf, che apre a nuove cubature in maniera fin troppo disinvolta. Il comitato InBosa inoltre, propone un'idea di parco dal basso, da costruire insieme alle parti interessate, in coerenza con l'idea, fil rouge tra tutti i movimenti, che il paesaggio sia un bene che appartiene ai sardi di oggi e delle generazioni future e che l'era degli scippi è definitivamente conclusa. Legato per affinità culturale l'incontro che ha preceduto quello con i comitati, Vento di cinema, presentato da Antioco Floris. Presenti i registi di Moviementu, rete regionale che consorzia e tutela chi lavora nel cinema. La legge sul cinema è nata nel 2006, ma è inapplicata e priva di finanziamento. Per il prossimo triennio inoltre, la finanziaria regionale non prevede nemmeno un euro. Eppure in questi ultimi anni il cinema sardo compie il gran balzo e svela i suoi talenti, facendo parlare ovunque di sé. Inevitabili dunque le accuse contro un governo regionale assente che stanzia nel 2013 tanto quanto per un'edizione del premio Rodolfo Valentino, come sottolinea Marco Antonio Pani, autore del film "Capo e Croce, le ragioni dei pastori" assieme a Paolo Carboni, per il quale «non è strano che il cinema non sia finanziato, a dispetto della televisione, che invece è a disposizione della politica». «Forse non ci amano perché abbiamo la capacità di sognare » taglia corto Enrico Pau, a breve di nuovo sul set per iniziare a girare "S'accabadora". Tranchant il regista Simone Contu, autore del recente “Treulababbu - Le ragioni dei bambini’’: «Ci siamo fatti avanti con una proposta programmatica, in grado di creare lavoro. Portiamo esempi virtuosi, come la Puglia, con 500 addetti stabili nell’industria cinematografica, dove ogni euro di investimento ne genera altri cinque. La politica sarda non ci risponde, dimostrandosi arrogante e presuntuosa, incapace di fare il suo mestiere». Il problema infatti non è solo finanziario. È anche la mancanza di visione strategica e di programmazione verso quella che è non solo un'arte ma un'industria sostenibile, capace di dare lavoro e produrre significati.