Edoardo Demontis in “Pirandello/Beckett” dello Stabile - Fra i protagonisti della produzione che debutta stasera al Massimo
Gli sforzi vani dell'intelligenza contro la complessità della vita e i quesiti irrisolti della nostra presenza nel mondo. “Pirandello/ Beckett”, la nuova produzione del Teatro Stabile della Sardegna, combina diversi linguaggi: la pantomima di “Atto senza parole” di Beckett, “All'uscita” Pirandello e il teatro di figura, ispirato ad Eugenio Tavolara, di Donatella Pau. È la scelta del regista Guido de Monticelli, per raccontare quello scacco matto che è l'esistenza. Nello spettacolo, che debutta oggi (ore 21) al Massimo, c'è anche un giovane attore, mimo, giocoliere di Cagliari, Edoardo Demontis. Trent'anni e un lungo curriculum.
Qual è il filo che unisce gli spettacoli?
«Si tratta di due atti senza soluzione di continuità. In entrambi c'è uno spazio con pochi elementi scenici e, da una parte, i movimenti metodici e ripetitivi di un uomo che cerca di raggiungere un obiettivo, dall'altra, le domande meste sulla natura umana».
Come si integrano i differenti linguaggi teatrali?
«Coesistono armonicamente perché non si mischiano, ognuno ha il proprio spazio».
Da artista di strada ad attore di teatro: com'è stato il passaggio?
«Sono due espressioni artistiche molto diverse. In strada il pubblico è attorno a te e lo spettacolo si nutre delle sue reazioni. È uno spettacolo vibrante in cui molto spazio è dato all'improvvisazione. In teatro il pubblico è distante e lo spettacolo è più strutturato. “Atto senza parole” è la risposta di Beckett alla richiesta del mimo Deryk Mende di testi teatrali per la pantomima».
Che spazio c'è nel teatro contemporaneo per l'arte circense?
«Per i giocolieri gli spazi non sono tanti, ma il circo contemporaneo sta entrando prepotentemente negli spettacoli teatrali. E ciò a causa delle difficoltà a mettere su un circo proprio, per cui è più facile attivare collaborazioni con le compagnie esistenti, sia perché in Italia il circo è poco diffuso, al contrario di altri paesi europei, come la Francia».
Quale contributo dà l'arte circense al teatro?
«Allo spettacolo sul palco l'arte di strada aggiunge dinamicità, effetti scenici, sorpresa. Lo arricchisce di significati».
È stato tra i protagonisti del progetto di Alessandro Sciarroni che ha vinto il Premio Rete Critica. Di che cosa si tratta?
«È una trilogia sul concetto della pratica. Nel nostro spettacolo, “Untitled”, per cinquanta minuti, quattro giocolieri non smettono di lanciare le clave. È uno sforzo immane che evidenzia la fatica che si cela in quest'arte contro il luogo comune che l'associa al gioco e al divertimento. In realtà, la giocoleria è un mezzo per parlare di qualunque argomento. Un'arte fragile. Ogni lancio è diverso dall'altro, l'errore può capitare in qualunque momento, non importa quanto ti sei esercitato. Il giocoliere mette in scena la fragilità dell'essere umano».
Franca Rita Porcu