SCORIE NUCLEARI.
Affilano le armi in vista della «battaglia civile», mettono a punto strategie di protesta e chiamano a raccolta cittadini e istituzioni. «I sindaci dei 377 Comuni isolani hanno i mezzi per impedire che la Sardegna diventi il Deposito unico nazionale per lo stoccaggio delle scorie nucleari», dice Angelo Cremone, portavoce del “Comitato sardo no scorie” che ieri a Cagliari ha tenuto una riunione organizzativa, aperta a tutti i comitati spontanei, alle associazioni e ai cittadini. «Ai Comuni chiediamo di adottare una delibera con cui dichiarano l'indisponibilità a ospitare sul proprio territorio le scorie», aggiunge.
Il Comitato non ha dubbi: «Vogliono portare le scorie nucleari in Sardegna». L'Isola, infatti, risponderebbe ai criteri fissati dall'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) per ospitare l'impianto di stoccaggio (un'area grande come un campo da calcio, profonda come un palazzo di cinque piani). «In base a fonti in nostro possesso», dicono i rappresentati del Comitato nell'affollata assemblea, «i poteri economici forti e le lobby dei trasporti stanno facendo convergere i loro interessi affinché il progetto vada in porto».
Lo stoccaggio delle scorie è un problema nato nel 1987 quando un referendum disse no al nucleare in Italia. Nelle centrali dismesse giacciono 75.000 metri cubi di residui radioattivi, ai quali si aggiungono quelli prodotti ogni anno in impianti civili. Oggi, complessivamente, sono 90mila metri cubi. Dove custodirli? «Non in Sardegna», ribadisce Cremone. «Siamo pronti ad azioni di protesta eclatanti, stavolta non riusciranno a fermarci neanche col segreto di Stato». Il riferimento è al fatto che la Sogin, la società pubblica che gestisce lo smantellamento delle vecchie centrali, ha consegnato all'Ispra la mappa delle aree «potenzialmente idonee» che è stata secretata per due mesi per evitare proteste.
Sotto accusa c'è anche la Regione, nonostante nello scorso maggio abbia approvato un documento contro lo stoccaggio nell'Isola. «Ma da allora nulla è stato fatto», spiega Cremone. Anche il Parlamento è stato investito del problema dai deputati Michele Piras (Sel) e Mauro Pili (Unidos). «La Sardegna ha già dato il suo contributo allo Stato con le servitù militari», ha detto Piras. Per questo, gli ha fatto eco Pili, «i sardi sono pronti a ogni azione pur di respingere questa ipotesi folle».
Mauro Madeddu