Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Sant'Efisio, fa' la grazia e liberaci dalla peste della disoccupazione»

Fonte: L'Unione Sarda
4 maggio 2015


L'omelia di monsignor Pani. Tra fede e religione successo della 359ª edizione

 


  

Il numero, di quelli speciali, annunciava il successo. La Festa numero 359 (numero primo, appunto) di Sant'Efisio è stata la più bella degli ultimi anni. Tra il ronzio delle launeddas, il sole caldo primaverile, una brezza ristoratrice e i colori folgoranti dei costumi tradizionali, migliaia di spettatori hanno assistito estasiati alla sfilata più importante della Sardegna. Allegra e gioiosa con miliziani e canti in sardo, seria e piena di pathos con la messa e la processione religiosa. Un mix di fede e tradizione che si rinnova con puntualità e che neanche i bombardamenti della guerra è riuscito a fermare. Festa doveva essere e festa è stata. Con alcune novità: niente motori. Così le moto di carabinieri e polizia municipale, che negli altri anni scortavano il cocchio, sono rimaste in garage. Stesso discorso per l'auto dell'Alter nos che per la prima volta, dopo la vestizione nella chiesa di San Michele, ha raggiunto a piedi il Municipio protetto  dall'assessora alla Cultura e dalla vice sindaco.
DAI SALESIANI Alle 8 del mattino, Beatrice, di appena 4 mesi, infagottata nell'abito di battesimo, percorre viale Merello in braccio alla mamma Stefania. Dietro, la scorta di papà Salvatore (che di cognome fa Perra) e del fratellino Cristiano, di quattro anni. Arrivano da Quartu e stanno per buttarsi nella  bolgia dei salesiani, punto di ritrovo dei gruppi folcloristici, dalle 6 del mattino già affollato. Le inflessioni dialettali raccontano che vengono da tutta la Sardegna. Nelle aule delle elementari trasformate in spogliatoi, gli uomini e le donne indossano i vestiti della tradizione e si preparano, sotto la regia attenta di Ottavio Nieddu, alla sfilata. L'aria è di festa. C'è chi prega e chi canta. E se Beatrice, con i suoi 120 giorni, è la più giovane partecipante, Enrico Fiori, 74 anni, di Oristano, è il più anziano. «È da 54 anni che partecipo a Sant'Efisio, la festa più bella dell'Isola. Non ho mai perso un'edizione». La più affascinate? «Sempre l'ultima».
IL TOSON D'ORO PERSO Alle 9, dopo la vestizione dai Gesuiti «la mia casa è troppo piccola» e la discesa da via Sassari, l'Alter nos Francesco Lecis Cocco Ortu entra in Municipio per ricevere l'investitura ufficiale. È emozionato, ma riesce a intrattenere amici, familiari e politici in attesa del sindaco Massimo Zedda impegnato in Prefettura per la consegna delle Stelle al merito. «Quarant'anni fa l'Alter nos aveva perso il Toson d'oro durante la serata. Era scoppiato il panico, placato solo quando un netturbino aveva recuperato la preziosa collana tra gli escrementi di un cavallo. Da allora una spilla la assicura ai vestiti dell'Alter nos», racconta Lecis Cocco Ortu. Alle 9,30, tra i flash e le  mitragliate dei clic delle macchine fotografiche, il sindaco consegna la fascia tricolore all'Alter nos: lo sostituirà nei quattro giorni e certificherà lo scioglimento del voto.
IN CHIESA Dopo la sosta di rito nella sede dell'arciconfraternita, Lecis Cocco Ortu raggiunge la chiesetta di Stampace, dove è custodita la statua del Martire. L'odore dell'incenso è inebriante. Le note dell'organo accompagnano la liturgia celebrata da monsignor Luciano Pani, da altri quattro sacerdoti e 12 chierici. Sembrano due mondi diversi, impermeabili: fuori, in via Azuni, il trambusto della sfilata, dentro il silenzio.
Monsignor Pani sviluppa l'omelia sulla traccia del Vangelo secondo Giovanni. «I martiri sono una realtà quotidiana che si ripete in ogni angolo del mondo», dice dal pulpito il sacerdote riferendosi ai migranti morti durante la traversata e ai quali il sindaco Zedda ha dedicato la festa. «Sant'Efisio ci insegna il percorso che porta alla felicità eterna. E a lui chiediamo - come ha fatto un'altra volta salvando la città - di combattere la peste della disoccupazione, della perdita del lavoro, che uccide socialmente uomini e donne. Aiutando chi ha responsabilità della cosa pubblica e chi fa impresa».
IL SANTO TRA LA GENTE Alle 12,05 i guardiani si fanno largo a fatica tra la folla di fedeli. Il cocchio è fuori dalla chiesa. Viene montata la croce e collegato al giogo di buoi. Inizia il pellegrinaggio che ha il suo momento più toccante di fronte al municipio dove, alle 13,40 (in leggero ritardo) il sindaco e l'arcivescovo gli rendono omaggio.
NIENTE RONDE Un  incontro , per quanto possibile, sobrio. Senza fastidiosi privilegi di classe: politici e cittadini insieme. Così capita di vedere l'arcivescovo Arrigo Miglio e l'assessore Mauro Coni offrire qualche spicciolo a un mendicante rom. Qui non ci sono ronde, non siamo in piazza Giovanni XXIII.
Andrea Artizzu