U n'orchestra e un coro ridotti, quasi nessuna scenografia, se non quella molto suggestiva del fondo, con la scala di ferro che collega il palco al graticcio e diventa inizio di tutto. Sobri i costumi, giocati sul nero, sul bianco e sul rosso: il colore di Carmen, che muore con l'appassionata prepotenza di un Don Giovanni e la fragilità di qualunque vittima di femminicidio. Intorno a lei, un incendio di luce color sangue.
Si è chiusa così, tra i molti applausi del pubblico, la piccola “Carmen” di Bizet che il Teatro Lirico ha portato sabato in Castello, al Civico di Cagliari. Ridotto anch'esso, dopo la sua rinascita, nel 2006, dalle macerie delle bombe del '43. L'ultima opera rappresentata, nel 1939, fu “I quattro Rusteghi” di Wolf-Ferrari. Nei palchi reali Umberto e Maria Josè. Ora il Civico è un piccolo teatro che guarda il cielo. E tra platea e balconate può accogliere 25o spettatori. Quelli dell'altra sera non erano se non in minima parte i frequentatori del teatro di via Santa Alenixedda. Felici di essere lì, hanno pagato solo cinque euro per uno spettacolo inedito che, in omaggio a Cagliari capitale della cultura italiana 2015, ha aperto in un luogo ricco di significati la stagione decentrata del Lirico.
Molto applauditi, dopo un'ora e mezzo senza intervallo, il coro e l'orchestra diretti da Roberto Gianola e il maestro del coro Gaetano Mastroiaco; i quattro cantanti: Giuseppina Piunti (Carmen), Arianna Vendittelli (Micaela) Don Josè (Francesco Anile), Paolo Pecchioli (Escamillo); il regista, Marco Spiga, che ha anche vestito i panni di Prosper Merimée, anticipando con le parole la storia che si raccontava in musica. Sono piaciuti i costumi di Beniamino Fadda, il progetto scenico di Angelo Canu, il disegno luci di Marco Mereu, la coreografia e la danza di Marina Claudio. Martedì si replica, mercoledì va in scena “Tosca” (che ha esordito ieri sera, anch'essa in versione ridotta) e poi in giro per l'Isola.
Maria Paola Masala