Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

“Vivo invisibile”: scoprire storie e volti di emigrati

Fonte: L'Unione Sarda
1 ottobre 2015

CAGLIARI CAPITALE 2015.

La performance, in piazza del Carmine, rinviata per il maltempo

 

P artita di scacchi rinviata per pioggia. Può capitare se la sfida non si disputa, testa a testa, su un tavolino e se, invece, pedoni, re e regina sono viventi e devono muoversi all'aperto. Così il gioco di cui a Cagliari, in piazza del Carmine, ieri sarebbero dovuti essere protagonisti 36 pezzi, impersonificati da giovani provenienti da Guinea, Mali, Gambia, Senegal, Gana, Burundi, Sierra Leone, Etiopia e Costa d'Avorio, potrà svolgersi solo sabato alle 19, quando si spera nel ritorno del bel tempo.
Due giorni fa comunque i partecipanti alla performance, realizzata dal coreografo Maurizio Saiu e dall'artista Nezaket Ekici, si sono ritrovati sulla schacchiera disegnata ai piedi della statua della Madonna, vicino all'opera, ormai scolorita, dell'artista di strada Vera Bugatti. Impegnati nelle prove, hanno raccontato l'emozione di partecipare a un progetto che, intitolato “Vivo invisibile”, ha significato volontà di coinvolgimento, conoscenza reciproca e integrazione.
La partita a scacchi rappresenta infatti il punto di arrivo di un laboratorio inserito tra le iniziative di Cagliari capitale italiana della cultura 2015. Grazie alla collaborazione della Caritas e del Teatro Lirico, donne che già vivono in città con regolare permesso di soggiorno e uomini rifugiati richiedenti asilo e arrivati da poco in Sardegna sono stati coinvolti nel gioco. Due i momenti conclusivi: il torneo internazionale di scacchi e la performance in piazza del Carmine con la partecipazione della Snake platform Orchestra di Daniele Ledda. Tanti i significati metaforici dell'evento. «La morte del re (lo scacco matto) e il rapporto tra il visibile e l'invisibile - dicono gli organizzatori - rappresentano alcune delle evocazioni generate dal gioco che oggi diventano emblema di un silenzioso passaggio e di un significativo mutamento». Inutile tentare di fermarlo con diffidenza e chiusura. «L'unica possibilità che abbiamo - dice il coreografo Maurizio Saiu - è entrare in contatto reale con le persone. Per poter vivere bene la nostra identità, è necessario conoscere quella altrui e favorire lo scambio culturale. Questo è il destino del mondo». Parole con le quali si trova in sintonia anche Nezaket Ekici che, nata in Turchia e trasferitasi con la famiglia in Germania quando aveva solo 3 anni, ha sperimentato in prima persona l'importanza del sentirsi accolti. Il coro, tutt'attorno, è carico (almeno quanto le nubi che hanno portato la pioggia) di speranze.
Manuela Arca