Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Ministro, compri l'ex asilo» I

Fonte: L'Unione Sarda
2 ottobre 2015

VIA BAYLLE. Lettera delle ex dipendenti: vogliamo solo i soldi che abbiamo guadagnato

 Interrogazione di Vargiu. Don Fois si affida a un avvocato 

«Casa», lo chiamano le ex dipendenti che a malincuore, per riavere 15 mesi di stipendi arretrati, lo hanno fatto pignorare. «Casa», vorrebbe chiamarlo don Vincenzo Fois, 81 anni, sacerdote, rettore della chiesa di Sant'Agostino che, in quanto costruito sul vecchio chiostro cinquecentesco, lo reclama e vorrebbe lì una stanza dove vivere. «Casa», continuano a chiamarlo le cinque suore vincenziane che ci abitano e fanno opere di bene ma con le valigie a portata di mano nell'eventualità di uno sfratto.
È ancora aperta la partita sul futuro dell'ex asilo Marina e Stampace. L'edificio di tre piani fra via Baylle e il largo Carlo Felice che per decenni, grazie all'opera di religiose come la beata Giuseppina Nicoli e suor Teresa Tambelli, è stato un punto di riferimento per generazioni di bambini poveri cagliaritani, is piccioccus de crobi .
IL DEPUTATO Quando manca solo la decisione di un giudice che ne fissi la data di messa in vendita, il caso arriva all'attenzione del ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini: a lui è indirizzata l'interrogazione urgente depositata dal deputato dei Riformatori Pierpaolo Vargiu: la vendita per ripianare un debito di «appena 237 mila euro», scrive il parlamentare stampacino, «sarebbe un vero sfregio alla memoria storica e all'identità della città», della quale l'ex asilo rappresenta «un pezzo di carne viva». Al ministro, Vargiu chiede se vi siano vincoli sull'edificio (ma la Soprintendenza ai Beni culturali di Cagliari ha già chiarito che, al momento, non ve ne sono) e un intervento rapido per evitare la vendita, «anche attraverso eventuale acquisizione diretta della proprietà dell'immobile».
LA SOPRINTENDENZA Nel frattempo, a Cagliari, la Soprintendenza sta esaminando la risposta ricevuta dal Comune sui passaggi di proprietà dello stabile: il responsabile del patrimonio culturale dei quartieri storici, l'architetto Stefano Montinari, è rientrato in questi giorni dalle ferie. Sulla sua scrivania, una lettera in cui il Comune spiega che sì, nel 1867 fu trasferita al Municipio la proprietà dell'edificio requisito pochi anni prima dallo Stato, ma che poi, «forse già nei primi decenni» del '900, lo stesso era stato ceduto all'ente pubblico che gestiva l'asilo: un passaggio che nel 1980 era certamente già avvenuto. L'ente che gestiva l'asilo è poi diventato fondazione nel dicembre del 2012, acquisendo personalità giuridica privata e facendo così cambiare, da pubblica a privata, la proprietà dell'edificio (le cui condizioni, sottolinea Vargiu, non sono compatibili con l'attività didattica).
IL SACERDOTE Passaggi che non scoraggiano don Vincenzo Fois. Nelle scorse settimane, dopo aver provocatoriamente preso a picconate il muro che separa chiesa ed ex chiostro, il sacerdote si è affidato a un avvocato, Alfonso Olla. «Don Vincenzo, in quanto rettore della chiesa di Sant'Agostino, ne è il responsabile», spiega il legale: «A lui tocca custodirne il patrimonio e vigilare affinché nessuno la danneggi. Chiederemo a Comune e vescovo che sia messo a sua disposizione un alloggio». Dove? Nell'ex asilo. L'anziano sacerdote vive a Monastir: ogni giorno, per raggiungere la chiesa e rincasare, guida per oltre 40 chilometri.
«QUANTO CI SPETTA» A dire la loro, nei giorni scorsi, anche le ex dipendenti, con una lettera non firmata («alcune di noi lavorano per istituti privati», spiegano) e toccante. Comincia con il lungo periodo in cui «al fianco delle suore vincenziane, con passione e amore abbiamo lavorato, educato, riso, giocato coi bambini e i loro genitori». Poi ricorda le vane richieste di aiuto nei giorni in cui, tre anni fa, l'asilo stava chiudendo: «Ora ci chiediamo per quale motivo le istituzioni, la Soprintendenza, la chiesa di Sant'Agostino, la stessa Fondazione solo adesso si prodigano per salvaguardare un immobile tanto importante a livello sociale, culturale, assistenziale e religioso per la nostra città: lo era anche prima, quando ci lavoravamo e rischiava di venire dismesso. Tante istituzioni ora si preoccupano affinché l'immobile non venga venduto a privati: sappiamo che tutto ciò non sarebbe dovuto accadere, non è nostra intenzione né tanto meno nostro interesse pignorare la Chiesa e le spoglie di Suor Nicoli. Tutto ciò che noi chiediamo è semplicemente avere quanto ci spetta: i soldi che abbiamo lavorato».
Marco Noce