Dopo l'allarme della Fondazione Segni arrivano le rassicurazioni sulla città metropolitana
La replica di politici e intellettuali alle rivendicazioni territoriali
Siamo venuti in pace. Non facciamo del male a nessuno. E sì, insomma, magari non con questi termini: ma a volte l'atteggiamento dei cagliaritani, rispetto alle questioni di campanile politico-economiche, rivela quasi la necessità di giustificarsi, di ristabilire la verità nei rapporti con il resto del mondo. No, anzi: con il resto dell'Isola. «La crescita del capoluogo deve favorire quella di tutta la regione», dice la classe dirigente locale: in sintonia, dopotutto, con i contenuti emersi due giorni fa dal convegno della Fondazione Antonio Segni che ha rilanciato l'allarme sul cagliaricentri- smo , vero o presunto
TAGLI Le lamentele nei confronti della capitale - di qualsiasi capitale - esistono da sempre, forse dai tempi di Babilonia, e la Sardegna conferma la regola. Ma la crisi degli ultimi anni ha peggiorato anche i rapporti di vicinato; reso tutti più sospettosi e pronti a guardare nel piatto altrui. Mentre lo Stato taglia anno dopo anno i trasferimenti agli enti locali, è normale la paura dei vari territori isolani di essere schiacciati dal peso - demografico, politico - di Cagliari. E così la creazione della città metropolitana nel capoluogo accende rivendicazioni localistiche.
«Alcuni timori possono essere giustificati», ammette Francesco Agus (Sel), cagliaritanissimo presidente della commissione Autonomia del Consiglio regionale: «Sono d'accordo con chi, all'iniziativa della Fondazione, ha detto che Cagliari non può essere capitale di un'isola deserta. Si tratta di garantire a ciascun territorio lo strumento di governo più adatto». Per il capoluogo è la città metropolitana «perché c'è un hinterland che già vive come un'unica area vasta. Altre zone non hanno gli stessi rapporti, ma questo non significa che la programmazione debba sfavorirli».
Secondo Alessandra Zedda , consigliere regionale di Forza Italia, «il punto sono i servizi che si garantiscono ai cittadini. Credo che la città metropolitana possa dare una spinta a tutta la Sardegna, ma a patto di garantire i presìdi territoriali nelle ex otto Province. A partire dal decentramento regionale: l'Ente foreste, per esempio, anziché a Cagliari può avere sede nelle zone che hanno il maggior patrimonio boschivo».
SPIRAGLI La possibilità di realizzare città metropolitane nelle regioni speciali è stata prevista nella legge Delrio solo grazie a un emendamento di Marco Meloni , deputato quartese-cagliaritano del Pd: «Sassari e altri territori, pur senza avere i parametri minimi per l'istituzione di una città metropolitana, potrebbero ottenere un duplice vantaggio dalla nascita di quella di Cagliari». Un vantaggio più generico, legato a una ricaduta diffusa dei benefici della crescita del polo sud dell'Isola. E uno più diretto: «Il nuovo ente godrebbe di finanziamenti statali specifici, e magari potrebbe rinunciare a una parte del fondo regionale per gli enti locali, incrementando le quote degli altri Comuni».
«Non mi appassiona molto il dibattito sulle città metropolitane», ha confessato il deputato dei Riformatori Pierpaolo Vargiu intervenendo, lunedì, al dibattito della Fondazione Segni: «Mi sono un po' documentato, il primo a parlarne fu Francesco Saverio Nitti nel 1902. Poi furono introdotte in una legge Gava del 1990, e mai realizzate. Ora sentiamo di grandi difficoltà là dove sono state istituite». I Riformatori hanno invece più volte proposto, in Consiglio regionale, una legge per Cagliari («e non per “Cagliari capitale”»), mai approvata: «C'è chi la vedeva come un regalo a qualcuno contro qualcun altro. Invece serviva solo a tener conto del fatto che il capoluogo, com'è logico, offre servizi a un'area vasta e a tutta l'Isola».
FUORI DAL CORO Va un po' controcorrente Pasquale Mistretta , per lungo tempo rettore dell'Università di Cagliari: «Guardi, su questi temi hanno ragione i sassaresi. La nostra città non è mai stata metropolitana, nel senso che ha sempre voltato le spalle all'hinterland. Non si è fatta carico di una programmazione comune del commercio, della sanità, dei trasporti. Guardi al caso del policlinico di Monserrato: l'avevamo pensato come testa di ponte di uno sviluppo complessivo, è diventato quasi una palla al piede». Detto questo, «il centralismo non è solo di Cagliari ma anche di Sassari e degli altri poli che risucchiano la popolazione delle zone interne. Se vogliamo rivitalizzare l'interno serve una programmazione seria e la generosità dei grandi centri, Cagliari più di tutti».
Giuseppe Meloni
Maria Del Zompo «Anziché tirare la coperta
pensiamo ad allargarla»
«All'università non ho mai vissuto problemi di campanile», confessa Maria Del Zompo, cagliaritana e rettore dell'ateneo della sua città: «Ottimi rapporti coi colleghi sassaresi, al massimo si scherza sul fatto che sono tutti juventini. Su un piano più generale credo sia importante fare sistema, mettere insieme le intelligenze di tutti i territori per far crescere le opportunità comuni». Un conto è la competitività, «altro l'antagonismo fine a se stesso: non ha senso tirare la coperta da una parte all'altra. Dobbiamo lavorare insieme per allargarla. Guardare solo al proprio giardinetto non conviene mai». (g. m.)
Mariano Diaz «Valorizzare il capoluogo
per far crescere la Sardegna»
Mariano Diaz, commerciante cagliaritano, ne fa anche una questione di marketing: «Più si valorizza Cagliari, più si fa da traino a tutta la Sardegna. In passato siamo stati conosciuti, a volte, per la sola Costa Smeralda: dare più prestigio alla nostra capitale può servire all'intera Isola». Da questo punto di vista, le recriminazioni degli altri territori nei confronti del presunto cagliaricentrismo non hanno ragion d'essere: «Credo si debba pensare al bene collettivo, anche in termini di vantaggi indiretti. In tutto il mondo ci sono centri che fanno da volano al territorio circostante, e questo può essere anche il ruolo di Cagliari». (g. m.)
Massimiliano Medda «Mi trasferisco a Sassari
per solidarietà»
«Una o due città metropolitane in Sardegna? Anzitutto bisogna capire se la Sardegna esiste, perché ho visto il depliant Alitalia e non c'era...»: l'attore Massimiliano Medda non rinuncia all'ironia neppure per commentare le dispute campanilistiche, ma si fa serio per dire che «servirebbe una regione metropolitana . Cioè una programmazione comune per tutti i territori, che crei iniziative che rallentino lo spopolamento». Quanto all'area metropolitana, «se Cagliari ha i requisiti, è giusto che si faccia: non credo che danneggerà le altre aree. E nel caso io, da cagliaritano, per solidarietà me ne andrò a vivere a Sassari». (g. m.)