Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Qui non si può vivere»

Fonte: L'Unione Sarda
6 novembre 2015

SANT'ELIA. Eliminato il problema-spaccio restano gli edifici pericolanti

Palazzo Gariazzo, disabili e anziani intrappolati


«Abbiamo il terrore di fare la fine dei topi in trappola. Se dovesse scoppiare un incendio non potremmo fuggire». Sant'Elia, palazzo Gariazzo, scala 6D. Federica Pinna e Santino Picciau guidano la rivolta, per ora pacifica, di chi vive «peggio delle bestie», tra pericoli e fogne a cielo aperto.
Il tour, in quello che fino a tre anni fa (prima delle demolizioni decise dalla Procura per abbattere i bunker della droga) era una zona di spaccio tra le più fiorenti nel quartiere, è un percorso a ostacoli: infiltrazioni diventate ormai fiumi con l'acqua che raggiunge i contatori elettrici, liquami di ogni tipo che fuoriescono dalle fogne davanti al palazzo, detriti dimenticati dal 2012, ascensori guasti con disabili e anziani intrappolati nelle loro case, inquietanti crepe sulle pareti. Una pioggia di segnalazioni ad Area (proprietaria dell'immobile), Vigili del fuoco, Carabinieri, Comune e Asl non sono servite a nulla. «Abbiamo paura. In queste condizioni ci può scappare il morto», ripetono i due portavoce di decine di famiglie disperate.
ACQUA E PERICOLI L'ultimo sopralluogo è di ieri. Alle 10,30 i Vigili del fuoco hanno osservato le crepe sui muri, le gocce che filtrano da un solaio raggiungendo anche l'ascensore fermo da mesi e l'acqua presente nella cabina dei contatori elettrici. «Dove sono le condizioni di sicurezza?», domandano gli inquilini del Gariazzo. I vigili hanno potuto solo sistemare il nastro rosso e bianco. Impossibile verificare l'origine della gigantesca e pericolosa perdita d'acqua: «È al piano rialzato», spiegano Federica Pinna e Santino Picciau. «Quello messo sotto sequestro e sbarrato dai carabinieri tre anni fa». Si tratta di una delle due uscite della scala 6D: «Una via di fuga», evidenzia che ci abita da decenni, «nel caso scoppi un incendio o succeda altro. Ora è chiusa, sigillata, sbarrata. E noi siamo in trappola». I segni, o meglio le ferite, sui muri preoccupano non poco. E il continuo gocciolare fa pensare a una perdita di non poco conto. Nemmeno le infiltrazioni a contatto con fili elettrici e contatori sembra spaventare chi dovrebbe intervenire per mettere in sicurezza un palazzo e permettere a chi ci vive di dormire sonni tranquilli. «Si scaricano responsabilità e competenze».
PRIGIONIERI IN CASA «Venga, venga a vedere in che condizioni vive Stefano, un disabile». Al secondo piano, in un appartamento dignitoso, abitano due fratelli. Uno è sempre a letto. «È tetraplegico. Non esce di casa da più di un anno. Da quando non funziona l'ascensore». Area ha rifatto il bagno, eliminando la vasca: «Chi ha svolto i lavori non ha pensato che qui vive una persona disabile. Hanno realizzato un piatto doccia con una sedia pieghevole che non serve a nulla». Stefano, di fatto, è prigioniero: «Ci sono troppe rampe. Impossibile portare giù la carrozzina». All'ottavo piano vive un'anziana: «Non esce mai. Chiede ad altri il favore di farle la spesa».
DETRITI E FOGNA Sequestri e demolizioni dei cosiddetti bunker della droga hanno risolto il problema dello spaccio: «I pusher? Qui non si vedono più da tempo». Le emergenze ora sono altre. «I detriti abbandonati, i crolli per alcuni incendi, le transenne sistemate per la caduta di calcinacci dai balconi a cui non hanno mai fatto seguito interventi di manutenzione e messa in sicurezza», raccontano Federica Pinna e Santino Picciau. E poi c'è il lago artificiale maleodorante proprio davanti all'ingresso della scala 6D: «Senta l'odore. È fogna». Una mamma bionda ha gli occhi lucidi: «Mio figlio di quattro anni mi ha chiesto se dovrà vivere così per sempre. Non ho avuto la forza di rispondergli».
Matteo Vercelli