Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Opere pubbliche, costi alle stelle

Fonte: L'Unione Sarda
2 dicembre 2015

Ogni anno 1.245 euro per residente ma il deficit di infrastrutture nell'Isola resta elevato

La Cna: in Sardegna spesa doppia rispetto alla media nazionale Spendiamo più di quasi tutte le altre regioni italiane, addirittura il doppio rispetto alla Sicilia. Ma nonostante questo non c'è verso di riuscire a realizzare quelle opere pubbliche che servirebbero a colmare il gap infrastrutturale di cui soffriamo (soprattutto strade, ferrovie, energia, ospedali, scuole). A lanciare l'allarme è la Cna sarda, che ha condotto uno studio sulla dotazione infrastrutturale delle regioni italiane, utilizzando una stima del valore economico di tutte le opere pubbliche realizzate in Sardegna (lo stock di capitale fisso pubblico) e gli indici dell'istituto Tagliacarne (indice di dotazione fisica e di funzionamento delle infrastrutture).
Il risultato è che nel periodo che va dal 2000 a oggi la Sardegna risulta la quarta regione in Italia sia in termini di spesa per infrastrutture pro-capite, oltre 1.245 euro all'anno per residente contro una media nazionale di 764 euro, sia per incidenza degli investimenti in infrastrutture sul Pil, che valgono circa il 6% rispetto al 3% della media nazionale.
Nonostante questo, però, il ritardo infrastrutturale resta. Cosa c'è, quindi, che non funziona? «Di fronte a questi numeri è evidente che il deficit infrastrutturale storico non dipende da un minore sforzo di investimenti sul territorio», afferma Francesco Porcu , segretario regionale della Cna. Per questo motivo, «è urgente una riflessione sulle modalità con cui vengono spesi i finanziamenti pubblici». Il problema, secondo la Cna, è che le opere pubbliche in Sardegna costano di più: fatto 100 il dato medio nazionale, «la Sardegna mostra un indice di costo pari a 209, inferiore solo a quelli della Basilicata, 344, e del Trentino Alto Adige, 234», afferma Pierpaolo Piras , presidente regionale di Cna.
«È assodato che la Sardegna sconti un gap infrastrutturale che è quasi doppio rispetto alle altre regioni italiane», sottolinea l'assessore regionale ai Lavori pubblici, Paolo Maninchedda . «Fatto 100 il tasso medio di infrastrutture dell'Italia, la Sardegna si ferma a 50», confermando il rapporto dell'istituto Tagliacarne. Ora, però, un conto è affermare che la Sardegna ha la spesa pro-capite tra le più alte in Italia, un altro invece è sostenere che le opere pubbliche in Sardegna costino più che altrove. «Se si utilizza come parametro la densità di popolazione è evidente che in Sardegna, con una popolazione nettamente inferiore rispetto a molte altre regioni, la spesa risulta più elevata», afferma Pierpaolo Tilocca , presidente regionale di Ance, l'associazione che riunisce i costruttori edili.
«Il vero problema», dice l'assessore Maninchedda, «è capire se, per esempio, la realizzazione di un chilometro di strada costa più in Sardegna che in altre regioni. Perché se le cose stanno così, come sembra sostenere lo studio della Cna, allora saremmo di fronte a una distorsione di mercato. E questo va sicuramente approfondito».
Se davvero spendiamo di più, senza riuscire a colmare il gap infrastrutturale, dove vanno a finire i soldi per il maggior costo delle opere pubbliche che si realizzano in Sardegna? Nei trasporti? Nei materiali? Oppure, in generale, nell'insularità? «Non credo che i lavori pubblici in Sardegna abbiano indici di remunerazione più alti rispetto ad altre regioni», spiega Chicco Cordeddu , segretario regionale Fillea-Cgil. «Almeno non rispetto al costo del lavoro che, nell'Isola, è invece certamente più basso che altrove».
«Sono molti gli elementi in grado di incidere sulla spesa per le infrastrutture», replicano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu della Cna, «alcuni sono comprimibili, altri strutturali. Tra questi ci sono anche elementi direttamente collegabili con l'inefficienza della gestione e dell'organizzazione del processo di spesa: la qualità della programmazione, l'assenza di valutazione di costi e benefici dei progetti, la frammentarietà delle fonti di finanziamento e il conseguente ricorso al finanziamento parziale delle opere e soprattutto le carenze nell'attività di monitoraggio che non consentono di controllare lo stato di avanzamento degli interventi e di formulare valutazioni generali sull'efficienza nel processo di realizzazione delle opere».
«È vero», conclude Pierpaolo Tilocca dell'Ance, «le incompiute esistono anche in Sardegna e certamente si poteva fare una migliore programmazione. Ma non credo che i finanziamenti pubblici siano stati spesi male».
Mauro Madeddu