La mostra al Museo archeologico di Cagliari La città di Karales
vista da Sant'Efis
E fisio va dai suoi carcerieri, i romani, e lo fa in in luogo davvero speciale: il Museo archeologico nazionale di Cagliari. Lui, un soldato che per i bizzarri disegni delle stelle era giunto nella nostra terra dalla Siria, proprio come tanti altri fanno oggi, sarà questa mattina alle 10 davanti all'ingresso della Cittadella in piazza Arsenale, accompagnato dai fedeli della Confraternita. Davanti agli occhi del guerriero raffigurato nella statua settecentesca, opera dell'artista Giuseppe Antonio Lonis, c'è di nuovo la Karales del 300 dopo Cristo, la città nella quale fu spedito per combattere i cristiani - rifiuto che gli valse martirio e gli costò la vita - un tesoro di reperti, testimonianze da scoprire idealmente insieme al Santo. Inizia così una straordinaria narrazione attraverso il tempo, tra fede e laicità, di oltre 1500 anni di storia della Sardegna e di terre che con l'Isola avevano scambi e rapporti.
SOLDATO EPHYSIUS “Efisio. Martirizzato dai romani. Santificato dai cristiani. Venerato dai contemporanei” è il titolo della suggestiva mostra, nella quale la vicenda del soldato Ephysius si intreccia con la vita della Cagliari romana e con tutto ciò - di vero o verosimile - che può aver visto o vissuto. Se non un miracolo di cui Efis è indubbiamente capace, di certo si tratta una bella rivoluzione, segnale tangibile della collaborazione tra le voci culturali della città, capace di scrivere un nuovo capitolo sull'idea di museo, non più luogo statico nel quale si conservano vestigia e reperti, ma spazio da vivere e scoprire, quasi fosse una rappresentazione scenica. «Si apre un'altra stagione che ci consente di trovare un taglio diverso per raccontare ai visitatori le storie delle nostre collezioni». Lo spiega con orgoglio e un bell'accento senese, Giovanna Damiani, direttore del Polo Museale della Sardegna. «Il museo si offre al pubblico in una veste insolita, quasi teatrale. Con segni che evocano la festa e prendono per mano il visitatore, mostrandogli testimonianze di estremo prestigio, forse rimaste un po' in ombra». L'esposizione, visitabile fino al 30 settembre, è l'appuntamento cuore intorno al quale ruota un ricco calendario di conferenze (la prima è il 19 alle 17).
VOCI DELLA CULTURA A indicare la nuova strada, che in questo caso ha addirittura i petali delle rose di sa ramadura , è un protocollo di intesa firmato lo scorso febbraio tra i protagonisti della vita culturale cittadina e sarda che assegna al patrimonio culturale una seconda vita, questa volta fatta di condivisione. Ecco allora che entra in campo una figura emblematica come Sant'Efisio, che vive con grande affetto nell'immaginario collettivo e riassume in sé storia, cultura, fede e tradizione. «Il grande archeologo Ercole Contu, recentemente scomparso, diceva di essere in fondo un antropologo. Anche noi - precisa Roberto Concas, direttore del Museo archeologico - vogliamo offrire una chiave antropologica per attraversare queste stanze senza paura di un lungo excursus storico». Nel quale non mancano novità importanti: «Per la prima volta - aggiunge Concas - sono esposti i plutei in marmo dell'isola di San Macario, splendido esempio di scultura del decimo secolo, probabilmente destinati alla chiesa ma poi finiti in mare per un naufragio».
Non resta allora che chiudere gli occhi, immaginare di sentire il profumo dei petali delle rose, e iniziare a scoprire, con un tuffo nella contemporaneità, rappresentata dalle foto in bianco e nero di Luigi Corda, le vicende del giovane soldato romano che diventa martire. “Quanto è bella la città”, deve aver pensato Efisio. «È la Cagliari che ha visto o che avrebbe potuto vedere questo migrante ante litteram», precisa Manuela Puddu, archeologa, indicando le teche che custodiscono i reperti della necropoli punica di Tuvixeddu, quelli provenienti dalle terme di viale Trieste, le terrecotte di Santa Gilla, «recuperate grazie a uno straordinario scavo subacqueo». I ritrovamenti dell'area archeologica di San Saturnino, le terrecotte di via Malta, i mosaici delle terme, Sant'Eulalia. «Non importa - aggiunge la studiosa - se gli avvenimenti della vita di Efisio accaddero realmente o siano una narrazione agiografica. Con la passione che suscitano ancora oggi sono lo spunto per raccontare l'umanità delle piccole storie che si celano dietro i reperti del museo».
Ecco allora la Cagliari del IV secolo, una città che cambia aspetto, si espande verso la necropoli orientale, ci presenta personaggi illustri della romanità. Passo dopo passo si arriva fino a Nora, alla stele con il primo esempio di scrittura. Tutto ben illustrato da pannelli in italiano e in inglese, con un percorso chiaramente indicato sul pavimento da frecce, con luci ben curate. Una nuova veste originale, fresca. «Il museo - precisa Damiani - è legato al territorio e del territorio diventa luogo di deposito». Aperto a contaminazioni, testimoniate dai vestiti indossati da chi sfila in processione il primo maggio.
MARTIRIO Seguendo la Passio Sancti Ephysii , documento dell'800 dopo Cristo, stilato dalla Chiesa, si arriva al momento più emozionante: il martirio. Davanti ai carcerieri romani ci sarà la statua di Lonis. Un drappo porpora paluda la stanza dove si può persino sentire il fragore delle catene, mentre sul pavimento si leggono le frasi di Efis: Non temo né te, né i tuoi dei, ferro fuoco e catene e tutti i tuoi supplizi io non li temo .
Sant'Efisio è un momento di profonda fede ma, si sa, non mancano le soste ristoratrici. La prima è a Giorgino, in Casa Ballero. Dall'Archivio di Stato arriva al Museo (in prestito per l'occasione) il menu del 1846 per il “Pranzo grande”: pesce a scabecciu, con lo zafferano, biscotti al buttiro (burro), tra le decine di portate. Dopo l'anima bisogna pur pensare al corpo.