Sant'Elia. Enorme spiegamento di forze per lo sgombero: un'auto della polizia municipale colpita da una pietra
Abusiva con tre figli: «Una casa o occuperò di nuovo»
Alle 6.40, in via Schiavazzi, il blitz di carabinieri, polizia, municipale, finanza e vigili del fuoco. Sgomberata la casa occupata tre anni fa da Roberta Andronico e dal compagno, ora in carcere.
Le prime luci dell'alba illuminano palazzo Gariazzo quando le camionette di carabinieri e polizia invadono Sant'Elia. Sembra di rivivere il blitz di tre settimane fa quando erano finiti in manette Thomas e William Muscas. L'obiettivo è il loro appartamento, occupato abusivamente, in via Schiavazzi 6, primo piano.
Questa volta l'enorme spiegamento di forze (una sessantina tra militari del Battaglione Sardegna, poliziotti del reparto Mobile, agenti della municipale, finanzieri e vigili del fuoco) deve eseguire uno sgombero forzato. Il primo di una lunga serie visti i circa duecento avvisi di sfratto che Area (l'ex Iacp) ha inviato a morosi e abusivi che hanno occupato case popolari nei quartieri di Sant'Elia, Is Mirrionis e San Michele. Dietro la porta segnata con la sigla “E3” una certezza: ad aprire non ci saranno i fratelli Muscas: sono in carcere.
MAMMA E TRE FIGLI Per fare irruzione nella casa di 120 metri quadri di cui si sono impossessati oltre tre anni fa, i funzionari di Area si fanno aiutare da carabinieri e polizia, ma pronti a dare una mano ci sono anche la Municipale e i Vigili del fuoco.
La scusa: una perquisizione. Alle 6.40 Roberta Andronico, 30 anni, compagna di Thomas Muscas, apre. I bambini (12 anni il più grande, due e mezzo le gemelle) dormono. «Dovete lasciare la casa, ecco l'ordinanza di sgombero», è la frase perentoria. La giovane urla, cerca di avvicinarsi alle bombole del gas per minacciare di farle esplodere, come molti fanno in queste circostanze. Viene bloccata in tempo. Minaccia di buttarsi dal balcone. Altro tentativo neutralizzato. Poi piange. Le grida attirano i parenti che abitano qualche piano più su. I poliziotti dentro casa e la strada presidiata da uomini in divisa rendono difficile ogni ipotesi di ribellione.
Lo sgombero può iniziare. Un camion si parcheggia davanti all'ingresso del palazzo ed i primi oggetti che lasciano la casa sono proprio le tre bombole.
LA SASSAIOLA Tutto sembra procedere senza problemi. I vigili del fuoco, chiamati per sfondare la porta d'ingresso dell'appartamento in caso di opposizione, sono i primi a lasciare via Schiavazzi. Subito dopo va via una pattuglia dei carabinieri della stazione di San Bartolomeo. Quando, a metà mattina, un'auto della polizia municipale inizia ad allontanarsi, dai pilotis del Gariazzo volano alcune grosse pietre. Un sasso centra la fiancata di una delle auto bianche, altri mancano il bersaglio. Che non sia una giornata fortunata per l'equipaggio della municipale lo si capisce poco dopo quando, in viale Ciusa, la vettura resta coinvolta in un incidente con una Fiat Marea. Un poliziotto resta ferito al naso, mentre un bimbo a bordo dell'altra auto finisce all'ospedale Marino con una frattura a un braccio.
IN STRADA Lo sgombero va avanti. L'appartamento deve essere restituito al legittimo proprietario. L'uomo si presenta scortato da polizia e carabinieri. Osserva la casa, prende la chiave della nuova serratura e lascia Sant'Elia per tornare dove vive, in un altro quartiere. Roberta Andronico è disperata. «Sono sola con tre figli. Mi hanno messa in strada. Non so dove andare», racconta in lacrime sul lungo pianerottolo dove ha lasciato un divano. «Stanotte dormirò qui. I bambini? Per ora andranno dalla nonna. Ma non possono restarci per molto: da mia madre vivono in otto».
L'OCCUPAZIONE Roberta Andronico si guadagna da vivere onestamente: «Lavo le scale e faccio le pulizie in casa di alcune signore». Abbraccia il figlio più grande che la guarda con occhi tristi. «Tre anni fa», ricorda, «ero incinta di due gemelle. Non potevo più stare da mia madre. Al primo piano c'era un appartamento libero. Era di un tizio che non ci veniva mai. Lo aveva trasformato in un immondezzaio. L'ho occupato e con il mio compagno abbiamo rifatto il pavimento, sistemato i sanitari, messo a posto l'impianto elettrico. L'abbiamo trasformato in una casa dignitosa. Per tre anni ho pagato il condominio e le bollette. Neanche un mese fa hanno arrestato il mio compagno. Oggi mi buttano fuori di casa. Mi vogliono vedere morta? È un'ingiustizia: cosa se ne fa un uomo solo di centoventi metri quadri e che ora vive a casa della compagna? Sono andata dagli assistenti sociali del Comune ma non mi hanno ricevuto. Se non mi daranno subito un altro appartamento non mi resterà che buttare giù di nuovo questa porta per rimpossessarmi di casa mia».
MATTEO VERCELLI
21/07/2009