Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Guardatemi negli occhi» Le verità di Gianni Dettori

Fonte: L'Unione Sarda
10 agosto 2018

Per la prima volta il trasformista si presenta, questa sera a Cagliari, senza trucco

 

 

N on c'è confine che possa arginare la parola, né distanza che possa fermare un'idea. L'autore iraniano Nassim Soleimanpour con la sua opera “White Rabbit Red Rabbit” ci ha dimostrato che l'arte è un mondo sconfinato e tutto da esplorare. Con il suo testo ha abbattuto le barriere tra l'attore e il copione, tra lo stesso attore e il suo pubblico, uniti dalla stessa incertezza su ciò che li aspetta sul palco. All'origine dello spettacolo, una sorta di esperimento antropologico e teatrale, c'è la vicenda personale dell'artista di Teheran: al rifiuto di prestare servizio militare, gli fu ritirato il passaporto, impedendogli così di lasciare il suo paese. Hanno fermato lui, ma non il suo copione che, dal 2011, fa il giro del mondo. Un lungo viaggio che, tappa dopo tappa, ha coinvolto in questo gioco attori e spettatori di ogni latitudine. Già, perché l'attore, ogni volta diverso, che accetta di recitare conoscerà il testo solo quando si alzerà il sipario. E per chi non assisterà allo spettacolo, resterà un segreto. Sono queste le regole del gioco.
Dopo le performance di Tiziana Troja, Michela Sale Musio e Elio Turno Arthemalle, è il turno di Gianni Dettori, in scena oggi alle 21.30 al Teatro Civico di Castello. Con l'istrionico artista sardo - amatissimo, dal pubblico, anche per le sue incursioni negli spettacoli della compagnia Lapola - si chiude il ciclo di rappresentazioni dello spettacolo, progetto firmato 369gradi, organizzato a Cagliari in collaborazione con il Cedac. Oltre trent'anni di carriera, nascosti dietro una maschera. Un trucco che non ha coperto tuttavia le sue qualità. Anzi, ha fatto scoprire ad un vasto pubblico, la grande sensibilità umana e artistica del trasformista cagliaritano.
Dettori, come ha reagito ad una proposta così diversa dal suo genere?
«Me lo ha chiesto una cara amica e inizialmente ero titubante. Anche perché dei quattro interpreti, tutti attori, io sono quello con meno esperienza. Ma negli ultimi anni della mia vita ho cominciato a smettere di dire “no” alle proposte che ricevo. Quindi a distanza di qualche giorno ho accettato. Naturalmente con l'avvicinarsi dello spettacolo l'ansia sale perché del copione non si sa niente».
Con quale stato d'animo affronta questa sfida?
«Come sempre, da più di trent'anni, con l'ansia del pre-spettacolo. Che sia il mio, che sia quello fatto per altri. La paura di non essere capace di portare a termine il lavoro o che qualcosa non vada per il giusto verso. Ma è un progetto stimolante perché ti mette a confronto con gli altri. Alla fine, come ogni volta cerco di dare tutto me stesso. Poi, vada come vada. In fondo l'unico input è quello di donarci».
La spaventa dismettere i panni del trasformismo burlesco?
«No, non mi spaventa. Anzi, mi fa uscire dall'idea che gli altri possono avere di me. Questa, come altre che stanno arrivando, è un'esperienza diversa. Per me il teatro potrebbe diventare un nuovo campo di esplorazione e nuovo modo di raccontare».
La parola non ha confini, ci insegna Nassim. Eppure per molti uomini sono spesso invalicabili. Secondo lei l'arte è uno strumento per superarli davvero?
«Credo proprio di sì. Con l'arte si superano anche molti limiti personali, si possono aprire gli occhi di chi è distratto o guarda da un'altra parte. E il punto di vista di ognuno di noi può cambiare. Personalmente mi ha reso molto più sensibile, attento agli affetti, non mi fermo più alla prima impressione».
Cinzia Isola