Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Noi, dimenticati tra i mille disagi di un rione fantasma» I residenti di Santa Teresa in ginocchio:

Fonte: L'Unione Sarda
12 luglio 2019

I quartieri del malessere: auto bruciate e degrado nella borgata che ospita i palazzi popolari di Pirri

«Noi, dimenticati tra i mille disagi
di un rione fantasma» I residenti di Santa Teresa in ginocchio:
«Ascensori fermi, sporcizia e muffa» 

Il confine tra inferno e paradiso ha contorni netti e profumo di bucato. Che poi è l'odore della dignità. Lo percepisci quando chiudi gli occhi e vai oltre le facciate scrostate e gli scheletri di qualche auto mangiata dalle fiamme. E quando con lo sguardo scavalchi i cumuli d'immondezza ammassati per strada, le infiltrazioni che corrono sulle pareti e superi l'assenza delle istituzioni. È allora che si scopre l'essenza di Santa Teresa: un rione di palazzi bassi, dove il comitato di accoglienza è fatto da due pitbull che scodinzolano beati e da un giovane affacciato al terzo piano. «Cosa state fotografando?». Il tono è inquisitorio, l'atteggiamento aggressivo. Rispecchia appieno il clima di diffidenza nei confronti di chi non appartiene a questo piccolo mondo, dove in tanti hanno smesso persino di sognare. E quelli che ancora lo fanno non puntano mai troppo in alto. «Perché l'importante nella vita è cadere sempre in piedi». E allora meglio stare a metà. Tra l'inferno e il paradiso.
Niente collaudo
In un mattina dove l'afa è così forte che quasi manca l'aria, ventilatori e pompe di calore viaggiano senza sosta. Gli ascensori no: «In quasi tutti i palazzi non sono neanche mai stati collaudati», spiega Ignazia Casula. Da trentatré anni abita al civico 24 di via Antonio Sanna: settantacinque metri quadri dove ha cresciuto sei figli e quattro nipoti. «Cosa manca? Tutto. A partire dalle manutenzioni. Il Comune non interviene, così siamo costretti a farle da soli, poco per volta. Siamo abbandonati». Anna Maria Piga fa la spola con l'hospice, dove il marito malato di cancro vive il tempo che gli resta. «Per me è colpa dell'amianto che sino a poco tempo fa avevamo sui tetti, i politici ci dicono che non c'entra niente ma sono bugie. È la trentesima morte per tumore o leucemia fulminante, non può essere un caso», dice con un filo di voce. «Non è giusto buttare centinaia di famiglie nelle periferie e lasciarle in balia di se stesse. Senza neanche un vigile di quartiere. Siamo allo sbando». In questo lembo di terra, incastrato tra Monserrato e Barracca Manna, e destinato ad abitazioni popolari nel secondo dopo guerra, prima ti studiano, poi spalancano le porte delle loro case. Dove magari non ci sono gli infissi e i piatti si devono lavare in bagno, ma il pavimento è splendente e non si vede neanche un granello di polvere, «perché essere poveri non significa essere sporchi», sottolinea Roberta Garbati, 45 anni, che con il compagno divide un piccolo appartamento con vista su una discarica cresciuta tra alberi di agrumi e una distesa d'erba quasi ad altezza d'uomo. «A volte la puzza è così insopportabile che siamo obbligati a tenere le finestre chiuse», raccontano. «Non è dignitoso vivere in queste condizioni, con le case fatiscenti e l'indifferenza delle istituzioni».
Nessuno sconto
«Qui ognuno si fa gli affari suoi», sintetizza un giovane con la scritta “Never give up” tatuata sulla tempia sinistra. Significa non mollare mai, e probabilmente è l'approccio giusto a una vita che di regali ne ha fatto pochi. È una delle regole fondamentali per stare bene e tenere da parte i problemi. Una di quelle che i residenti del quartiere imparano presto. «Quando vivi tra mille difficoltà alla fine ti abitui a voltare la faccia dall'altra». E in fondo alla fine uno si stufa pure di lamentarsi, ma non oggi. Non oggi che questi figli di un Dio minore rincorrono il riscatto. Sarà un cammino lungo, iniziato con la nascita dell'ExMe e le sue pareti colorate che contrastano col grigio - sbiadito - che c'è attorno. Con i rifiuti disseminati ovunque e quel cartello appeso in un pianerottolo: “Si prega di non sputare dentro l'ascensore e nella scala”. Bisogna andare oltre. Oltre il corrimano scrostato e le chiazze di pioggia che si propagano nelle scale e dentro casa. «Pago le tasse sino all'ultimo centesimo e convivo con immondezza e nella trascuratezza del Comune», taglia corto Adriano Carboni. «Cittadini di serie B? Significherebbe essere avanzati di categoria. Siamo molto meno». In casa Testa le pareti sono tappezzate da foto di famiglia, c'è pure Papa Francesco in versione Superman. Ci vorrebbero davvero i super poteri per cambiare le cose. «Siamo qui dall'87, abbiamo perso il conto di tutti i politici venuti a caccia di voti e delle promesse fatte e non mantenute», commenta Francesco. «Conviviamo con l'umidità e la muffa che avanza a vista d'occhio. E nessuno interviene». Cambiare la situazione è una delle battaglie di sempre, ma quella più importante e difficile l'hanno già vinta. Quando la moglie Maria, cinque anni fa, ha scoperto di avere un tumore al colon. Uno dei tanti, troppi casi registrati in una lingua di mondo lontana da occhi indiscreti. Dove l'eternit è sparito ma le fogne continuano a intasarsi con una frequenza inaccettabile. Arriverà il riscatto, per ora regna il degrado. L'orgoglio e il pregiudizio che sembrano cuciti addosso a chi vive nel quartiere.
Sara Marci