Ingaggi milionari e un consiglio: «Sfruttate bene la ristrutturazione del porto».Mister 30 milioni mangia noccioline e sushi con le mani ancora sporche di salsedine. Arrotola una striscia di salmone crudo sull'indice e via, in bocca. La regata è appena finita e Russell Coutts calma la fame - legittima, dopo 5 ore al timone di una barca a vela - mentre l'equipaggio ormeggia il suo Oracle : un'assistente biondissima e americanissima gli allunga un vassoio pieno di rotolini con pesce crudo e riso. Un altro gli passa un sacchetto pieno di arachidi sbucciate. Lui ingurgita tutto insieme, tanto veloce che non sente neanche i sapori. «Lo fa sempre, dopo ogni gara. Gli serve energia», si affretta a precisare l'addetta stampa del team. E di energia, mister 30 milioni (questo il suo ingaggio presunto ma attendibile per i prossimi tre anni di lavoro con la squadra di Larry Ellison), ovviamente ne ha bisogno. Neozelandese di Wellington, quarantasei anni, una moglie e quattro figli, è l'unica persona su questo mondo ad aver vinto l'America's Cup per tre volte di fila. Una volta a San Diego (1995) e due volte ad Auckland (2000 e 2003), con tre barche diverse. Un particolare che gli ha fatto guadagnare la bollatura di «traditore», affibbiata dai suoi ex compagni. O, quanto meno, la fama di uno dal cambio di casacca facile. Un Bobo Vieri della vela. Tesi rafforzata dal suo ultimo cambio: da Alinghi a Bmw Oracle. Lui, con la faccia ancora spalmata di crema solare, rifiuta qualsiasi etichetta: «Per noi è normale passare da un team all'altro. E poi sono solo tre cambi in quasi quindici anni. Niente di strano». Mostra un distaccato interesse per Cagliari intesa come città («ho fatto un giro ieri notte, sono stato al Bastione. Bello»), ma un discreto apprezzamento - non è una novità - per il Golfo degli Angeli. «Un campo di regata perfetto, vento costante, poche correnti. Ottimo». Valutazione trita e ritrita che però non sposta di una virgola le possibilità del capoluogo di ospitare, in futuro, la Coppa America. «Valencia è una città già attrezzata per questi appuntamenti e ha le strutture necessarie». E poi lui gioca in casa: vive nella "Napoli spagnola" dal 2002 e non ha intenzione di lasciarla. Il restyling del porto di via Roma però potrebbe far guadagnare punti anche in questa ottica: «È una buona possibilità, non ho visto i progetti ma sono sicuro che farete un ottimo lavoro». Lo scalo dei desideri per ogni velista? «Deve essere comodo e soprattutto avere tutti i servizi vicini». Parola di skipper senza una barca di proprietà («ne comprerò una quando smetterò di fare questo lavoro. Ora non mi servirebbe», ridacchia) ma con una laurea in ingegneria strutturale presa all'Università di Auckland, rimasta nel cassetto: «È stata utile comunque, anche se non ho continuato a lavorare in quel campo perché ho iniziato con le gare agonistiche». Un modo low profile per dire che subito dopo la fine degli studi, nel 1984, è tornato dalle Olimpiadi di Los Angeles con una medaglia d'oro (presa nella classe Finn) appesa al collo. È stata la prima vittoria di un palmares che gli altri possono solo invidiare e difficilmente raggiungere. Ora lavorerà alla nuova sfida, quella dei catamarani: «Sono d'accordo se li useremo per la prossima America's Cup. Ne stiamo costruendo uno che sarà in acqua tra poco. A me va benissimo». Il cambio di imbarcazione non lo scalfisce: «Forse», dice mentre assalta un piatto di malloreddus con salsiccia, «ne comprerò uno quando andrò in pensione». Per mister 30 milioni non sarà certo un problema.MICHELE RUFFI 26/04/2008