MERCOLEDÌ, 30 DICEMBRE 2009
Pagina 1 - Cagliari
Giovanni Melis parla dell’ateneo sotto tiro e chiede impegno istituzionale
ALESSANDRA SALLEMI
CAGLIARI. Due mesi e mezzo sono abbastanza per non chiamarlo più neo rettore. Lo svezzamento di Giovanni Melis è stato veloce e inclemente: tagli «mai visti» da parte del Governo, una classificazione quasi ingiuriosa per l’intero ateneo, un mare di problemi vecchi e nuovi, ma tutti da risolvere subito. Però in questi giorni Melis riesce a essere contento: forse ha recuperato 30 milioni di credito da Asl 8 e Policlinico per dieci anni di prestazioni in convenzione erogate dall’università. Soldi che aiutano per il prossimo bilancio («per la prima volta l’università presenta un bilancio triennale»), quello che deve fare i conti con i tagli del Governo. «E’ la razionalizzazione delle risorse, indispensabile - dice Melis - assieme all’impegno della Regione. Che per esempio per il 2010 ha finanziato con 30 milioni di euro la ricerca, di base e applicata. I fondi per la ricerca di base li abbiamo già distribuiti. Stiamo chiudendo il bilancio senza aumentare le tasse».
La Regione è la stessa che ha tolto 15 milioni di euro per la casa dello studente assegnati all’Ersu.
«L’ho saputo quando sono diventato rettore. Da 10 anni l’Ersu non costruisce un posto letto, da 15 non dà un nuovo posto pasto. Abbiamo chiesto un impegno a Comune e Regione. Il pendolarismo intacca la produttività dello studente».
Torniamo alla ricerca: arrivano i fondi, ma per quale programma?
«La ricerca la fanno i ricercatori. Ma senza fondi non si fa nulla. I finanziamenti c’erano già in casa, abbiamo fatto valere il nostro ruolo presso la Regione. Soldi che anziché andare a strutture esterne, che poi chiedevano a noi di fare la ricerca, li hanno dati direttamente a noi».
Basterà a risalire la classifica fra atenei italiani dove Cagliari è al 40° posto?
«Il problema è politico. E con Sassari lo porremo alla classe politica. Siamo stati valutati sulla base del numero di giovani che hanno trovato lavoro nell’anno successivo alla laurea e degli importi di progetti europei che l’università è riuscita ad aggiudicarsi, se ci avessero valutato su didattica e ricerca saremmo al 23° posto. E c’è da aggiungere che, qui, i ragazzi arrivano all’università meno preparati. I nostri studenti vengono da doppi turni, pendolarismo: si deve avviare un progetto comune per rilanciare la scuola di base».
A proposito di razionalizzazione: sparirà la facoltà di Architettura?
«Secondo il processo avviato dalla Gelmini, Cagliari non dovrebbe avere più di sei facoltà. I colleghi sanno che dovranno tornare nell’alveo di Ingegneria».
Architettura solo ad Alghero, quindi.
«Credo che avrà più problemi di Cagliari. Da sola quella facoltà non può reggere. Tutto il mondo universitario sta cambiando».
Quando c’è crisi i programmi sono d’aiuto. I prorettori non hanno ancora esternato i loro.
«Direi che questa è una disinformazione. Nel programma pluriennale ci sono vari capitoli con le varie politiche scritte assieme ai prorettori. Si tratta di linee generali che si devono tradurre su scelte concrete di bilancio: nel documento triennale ci sono fondi per didattica e ricerca. Anche per allungare gli orari di apertura delle biblioteche».
Professore, la cerimonia di inaugurazione è stata vissuta come un’esclusione: era a inviti e nella biblioteca non c’era spazio per tutti i dipendenti.
«La cerimonia era un ritorno alla tradizione che, per l’università, è la conoscenza. Voleva essere l’occasione per illustrare alle istituzioni i problemi dell’ateneo, che non è una realtà avulsa dal territorio. Anzi: è il luogo dove si formano i quadri della società. E il dialogo si comincia parlando di sè».
E’ vero che la dirigenza sta soffrendo un po’ del suo dialogare con l’esterno e non con chi lavora nell’ateneo tutti i giorni?
«Mah, non mi risulta. Qui ci sono 18 anni di abitudini basate sui rapporti personali. E’ difficile far passare la necessità di dare funzionalità. Noi ci siamo per erogare servizi agli studenti, non per esistere e basta».
L’assessore alla sanità Liori dice che l’ospedale di Cagliari è il policlinico, così non si fa più l’ospedale nuovo della Asl 8.
«Forse non era molto funzionale costruire un ospedale a 500 metri dal policlinico. Un doppione, perché l’ospedale universitario non raggiunge l’equilibrio anche didattico se non ha tutte le patologie, compreso il pronto soccorso».
Didattica e ricerca sono la missione prima dell’azienda mista, negli ospedali però si devono anche curare le persone.
«Io credo che se ci sono ospedalieri bravi è perché ci sono stati professori bravi».
Dicono che lei non accetti suggerimenti.
«Non mi pare, stiamo agendo su un programma votato da senato accademico e consiglio di amministrazione».
Dicono che lei sia un accentratore senza il carisma di «Pasquale».
«Datemi tempo...».