Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Alberto Loddo fulmina Petacchi a Cagliari

Fonte: La Nuova Sardegna
1 marzo 2010

DOMENICA, 28 FEBBRAIO 2010

Pagina 57 - Sport



Storica volata sul traguardo di viale Diaz: è il primo sardo a vincere una corsa in Italia




DALL’INVIATO ROBERTO SANNA

CAGLIARI. L’appuntamento con la storia era per le 15 in viale Diaz. Alberto Loddo, il miglior ciclista sardo di sempre, aveva vinto 26 volte nel mondo ma mai in Italia. E mai in Sardegna. Aspettava quel rettilineo da martedì, quando il Giro di Sardegna era partito da Olbia.
Ha avuto un fremito solo quando ha visto la sagoma possente di Alessandro Petacchi, novello Lazzaro, comparire al via nonostante la tremenda caduta del giorno prima a Iglesias. Sofferente, scorticato, bendato. Ma quando c’è corre sempre per vincere, anche a lui piacciono tanto i rettilinei d’arrivo e con quello di Cagliari, altroché, Ale-Jet ha un gran feeling: ha vinto l’anno scorso al Giro di Sardegna, ha vinto nel 2007 al Giro d’Italia. Sprintare con la brezza del mare per lui è un piacere.
«Petacchi è un grande e questo Giro è stato duro - dirà poi Alberto sul traguardo - ma sapere di arrivare a Cagliari mi ha dato una forza speciale». E stavolta il percorso è su misura per lui, uno degli ultimi sprinter puri in circolazione, gambe esplosive fasciate da muscoli di seta. Basta poco per affaticarlo, a Oristano era arrivato cotto dalle colline di Orani e Tiana, mica il Mortirolo e nemmeno il Poggio e la Cipressa della Milano-Sanremo. Quel giorno si era piantato sui pedali, dodicesimo, e a Petacchi aveva giusto preso il numero di targa. Stavolta no, doveva andare diversamente. Da Sant’Antioco a Cagliari la strada è comoda come il panno verde del Subbuteo, 140 chilometri su una tavola levigata, nessun gran premio della montagna. La corsa doveva controllarla la Liquigas, con Roman Kreuziger primo per una manciata di secondi. E anche la Lampre e la Isd non potevano concedere fughe per portare all’ultimo chilometro Ale Petacchi e Oscar Gatto. La storia era già scritta, solo Bruno Radotic (Meridiana) tenta il folle gesto di andar via con uno scatto a Sant’Anna Arresi. Pedala inutilmente in solitudine per 131 chilometri, il gruppo gli piomba addosso alle porte di Cagliari, in viale Elmas. In quel momento Alberto Loddo ha un sussulto, abbandona la pancia del gruppo e comincia a risalire la fila. Vede la schiena di Petacchi, si incolla alla ruota come nemmeno Gentile a Zico e Maradona nei Mondiali dell ’82. All’ultimo chilometro il treno parte a velocità folle alimentato da Lampre, Isd e Androni. Ale-jet Petacchi ha il solito viso scolpito nel granito, non tradisce un’emozione, un dolore. Non ha fatto 140 chilometri bendato e dolorante per nulla, vuole arrivare primo. Danilo Hondo è il pesce pilota, lo porta dove vuole lui, ai 250 metri c’è un curvone a destra, ai 150 Hondo si sposta, Petacchi si alza sui pedali. Deve cambiare rapporto e smanetta sul cambio, ha un attimo di esitazione, preferisce stare lontano dalle transenne. Alla sua sinistra Alberto esce allo scoperto, un proiettile vestito di bianco. Lo speaker urla “Loddo, Loddo, Loddo..”, la folla ruggisce. Settancinque metri, cinquanta, venticinque, Ale-Jet rimonta, si avvicina, poi fa una smorfia stizzita. In viale Diaz esplode un boato da stadio, Alberto alza le braccia. È il suo giorno, il suo rettilineo. Duecentocinquanta metri che valgono una carriera.